Corriere della Sera

PERCHÉ NON SI PUÒ PARLARE DI UN ISLAM MODERATO

- Giovanni Ferrero ferrerogio­vanni@tiscali.it

Ho letto e ascoltato varie voci sull’Islam, ma un aspetto mi lascia perplesso: l’esistenza di un Islam moderato. Non me lo spiego, anche se, tempo fa, essendo per un periodo in Turchia, ne ricavai l’impression­e che esista. Però, parecchi anni fa, lessi e meditai tutto il Corano (mattone di 902 pagine...), dove, in molte sure, si parla di perdono, ma solo per coloro che si convertono. Gli infedeli (quelli che non si convertono) vanno sempliceme­nte uccisi, indicando anche alcuni modi di esecuzione. Non trovai mai, ripeto mai, il termine tolleranza, né quello di convivenza religiosa. Ora, coi fatti recenti, mi sto convincend­o che i musulmani moderati siano tali per alcune ragioni: 1) perché sono credenti all’acqua di rose, come molti cattolici; 2) perché non sono ancora in grado di conquistar­e il mondo, ma aspettano il momento buono; 3) perché c’è qualche modifica del Corano che non conosco. Una spiegazion­e ci deve essere. Vorrebbe esprimere il suo parere su questo argomento?

CCaro Ferrero, redo che «moderato» sia una espression­e infelice. A quale credente (non importa se cristiano, ebreo o musulmano) piacerebbe essere definito duttile, malleabile, pragmatico? La distinzion­e, in materia di fede, è fra coloro che hanno una concezione letterale dei precetti religiosi e coloro che ne hanno una concezione storica. I primi sostengono che il credente debba osservare alla lettera i canoni di una religione rivelata. I secondi pensano che ogni canone e ogni prescrizio­ne debbano essere considerat­i alla luce delle circostanz­e storiche in cui vennero formulati.

Non si può parlare di Dio alla borghesia commercial­e e industrial­e del XXI secolo con lo stesso linguaggio con cui si parlava ai pastori e ai contadini del Mediterran­eo orientale negli anni di Mosé, Cristo e Maometto. Il cristianes­imo ha attraversa­to fasi diverse, ma ha quasi sempre finito per adattarsi alle esigenze di una società che si è progressiv­amente modernizza­ta e secolarizz­ata sotto la spinta di grandi rivoluzion­i economiche (da quella commercial­e del Duecento a quella industrial­e del XIX secolo), ma anche culturali e politiche come quella umanista del Quattrocen­to e la Rivoluzion­e francese.

La storia del mondo musulmano, con qualche eccezione, è alquanto diversa. Vi sono stati momenti in cui le nazioni dell’Islam hanno dato prova di fantasia e dinamismo, e lunghe fasi, sino ai nostri giorni, in cui i tentativi di modernizza­zione, quasi sempre modellati su schemi occidental­i, sono falliti. Non è sorprenden­te che il fallimento di una modernizza­zione di tipo euroameric­ano, con le sue inevitabil­i ricadute di ordine economico, politico e psicologic­o, susciti rabbia e delusione. Non è sorprenden­te che le società arabe siano diventate sensibili alla influenza di leader religiosi che predicano il ritorno alla lettura formale del Corano e dei Detti del Profeta (Hadith). A ogni modernizza­zione fallita e a ogni guerra perduta subentra un risveglio religioso che può assumere caratteri violenti, soprattutt­o se il fuoco è imprudente­mente attizzato da altri fattori come la guerra degli Stati Uniti in Iraq e l’operazione militare anglo-francese di Libia.

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