Alla Scala rilettura psicanalitica dell’opera
«Tu sei bella, pazzerella! » cantano i diavoli cercando di convincere la Pulzella ad abbandonarsi alle dolci tentazioni del sesso e dell’amore. E se i versi di Temistocle Solera, librettista della Giovanna d’Arco di Verdi scelta da Riccardo Chailly per aprire il 7 dicembre la stagione scaligera, ci fanno un po’ sorridere, ci suggeriscono anche una chiave di lettura per un’eroina complessa, ambigua, pericolosamente contemporanea. «Perché Giovanna pazza lo era davvero» assicurano Moshe Leiser e Patrice Caurier, autori dell’allestimento che vedrà Anna Netrebko nel ruolo del titolo, Carlos Alvarez in quello di suo padre Giacomo, Francesco Meli come Carlo VII re di Francia.
«Pazza come sono certe mistiche o le isteriche — ribadiscono i registi —. Come lo era Bernadette Soubirous, che alla stessa età di Jeanne, 13 anni, vedeva la Madonna. Come tante fanciulle dell’800, epoca buia per la donna che, dopo l’assaggio della libertà illuminista, torna a essere imbrigliata nella più truce repressione sessuale. O come quei giovani esaltati di oggi, che si votano a un integralismo religioso rinunciando a ogni gioia e persino alla vita».
Scelte estreme, Giovanna non si tira indietro. Seguendo le voci celesti e demoniache che si affollano nella sua testa, parte in missione per conto di Dio. Non più ragazza di campagna ignorante, ma vergine guerriera, l’eletta, colei che salverà la Francia dagli invasori. «Pur con punte di ridicolo involontario, il libretto di Solera intuisce il groviglio di eros e follia della protagonista. Erano i tempi dei primi esperimenti di Charcot sulle isteriche alla Salpetrière. La scoperta dell’inconscio era alle porte. Per questo ci è parso interessante rileggere questa storia strampalata