Corriere della Sera

Inquieti per le fedi altrui, insicuri della nostra Ma chi ama i simboli religiosi non li sbandiera

- Di Marco Ventura

Stringe il cuore lo spettacolo dei politici che si contendono microfoni e telecamere a colpi di presepi, canti natalizi e crocifissi. È un terribile effetto del massacro di Parigi e un grave ostacolo sul cammino verso la convivenza tra fedi diverse. La strumental­izzazione politica della religione sfrutta lo stato d’animo dell’opinione pubblica. Le violenze recenti ci hanno resi più sensibili al credere. Ci inquieta la fede dei musulmani che ammazzano in nome di Allah, e non ci rassicura la fede degli islamici scesi in piazza a dire «non in mio nome». Siamo spaesati davanti al moto ondoso delle minoranze e delle maggioranz­e religiose che agita il mondo. Non sappiamo se abbracciar­e la fede che dispone alla guerra giusta o quella che trasforma le spade in aratri. Difendiamo con orgoglio la fede cristiana dei nonni, ma non siamo sicuri della nostra. Così esposti all’emozione della fede, così spaventati dai mutamenti religiosi in corso, siamo una preda ghiotta agli occhi del politico in cerca di audience. Il primo incidente è pretesto sufficient­e. Corre veloce il passa parola che s’è trovata una pepita nello Yukon. La corsa all’oro della strumental­izzazione della religione si scatena in un attimo. Si organizza la campagna «un presepe in ogni scuola», si scende in strada a cantare «tu scendi dalle stelle», si compatta il sindacato in difesa della categoria. Il risultato sui media è garantito. Proprio perché scossi, siamo tentati da una religione politicame­nte manipolata, tutta formule populiste su cui è facile il consenso. Possono piacere una fede che scongiura il nemico, un’identità religiosa a buon mercato, un simbolo con cui separare noi buoni dai cattivi. Tuttavia la strumental­izzazione politica della religione non può rispondere davvero alle domande che scorrono col sangue di Ankara, Beirut e Parigi. Non ci mette in contatto con il mistero della fede, nostra e altrui; ci allontana dalla profondità spirituale ed etica delle tradizioni religiose, non ci aiuta a convivere. Per questo il politico che strumental­izza la religione è un perdente. Chi ha un interesse autentico per la fede, chi si preoccupa della realtà della scuola, chi lavora ogni giorno per una società migliore, non si fa abbagliare dalla doratura di una pepita falsa.

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