La contrattazione? «Più welfare aziendale contro la crisi»
Asili nido, buoni pasto, servizi di istruzione per sé e per i figli. Meglio di un contributo in busta paga. È il risultato di un sondaggio sui lavoratori del settore elettrico presentato a Verona durante il festival della dottrina sociale. È la conferma che il welfare aziendale — ulteriormente incentivato dall’ultima legge di Stabilità — comincia ad essere preferito anche rispetto a contributi di tipo monetario. Una rivoluzione copernicana che secondo Luca Pesenti dell’università Cattolica deve essere accompagnata dai sindacati nel perimetro della contrattazione di secondo livello: «I confederali si devono confrontare con i privati che vendono pacchetti alle
aziende per rimuovere le possibili disuguaglianze che si creano tra lavoratori di una grande e una piccola realtà». Secondo Luca Cittadini, responsabile corporate di Sogin, la sfida «per i sindacati è di superare il concetto di welfare come gettone e di insistere invece sul benessere relativo al tempo libero». Analisi parzialmente condivisa da Massimo Saotta della segreteria nazionale Flaei Cisl secondo il quale «non è il ruolo del sindacato ad essere in crisi ma lo sono le proposte che fa». Non sorprende perciò la volontà dell’esecutivo di scommettere sulla contrattazione di prossimità. La politica sta entrando progressivamente nelle relazioni industriali spostando il baricentro dentro le imprese. E il confronto con i confederali diventa conflittuale per una malcelata volontà — è la tesi della Cgil, ad esempio — che sia in atto una smobilitazione dei contratti nazionali. Certo è che il tradizionale metro di riferimento di un buon accordo collettivo — il salario — rischia di non essere più adeguato se non sussistono efficienti misure per i fattori immateriali: la qualità delle reti sociali. Come la necessità di far crescere i figli senza dover per forza di cose esternalizzarne le cure ad una baby sitter
Il confronto con i privati Secondo Pesenti (Cattolica) «i sindacati devono confrontarsi con i privati che vendono pacchetti a grandi e piccole aziende»