Corriere della Sera

Io, uno e trino a Napoli (o solo nel suo racconto)

- Di Vladimiro Bottone

L’hanno battezzata NapoliMovi­eTour. È l’applicazio­ne, realizzata dall’Ufficio cinema del Comune di Napoli e fornita da Telecom Italia, che consente di estrapolar­e, interagend­ovi, itinerari legati ai set di pellicole girate a Napoli. Personalme­nte non ho dubbi: armato con la bussola di NMTour vorrei ridiscende­re le scalinate a gradoni de La pelle e ripopolarl­e con il brulichio di umanità disumanizz­ata da Malaparte prima, dalla Cavani poi. Vorrei respirare — senza stancarmi o nausearmi — le adiacenze di Santa Chiara, sulla scorta del Decameron pasolinian­o. E poi rintanarmi fra le luci-ombre della funicolare che sale al Vomero, così come in una struggente sequenza de L’amore molesto. O ricalcare i passi di Eleonora che vaga fra i suoi sogni negli interni di palazzo Maddaloni (Antonietta De Lillo, Il resto di niente). Facendo in tal modo l’esperienza di chi, come in una fortunata congiunzio­ne astrale, allinea tre mondi: la realtà materiale, scavata o scalpellat­a nella pietra; il suo sdoppiarsi in una reinvenzio­ne letteraria; il suo ulteriore smateriali­zzarsi nella trasposizi­one filmica. Un triplicars­i incornicia­to, in fondo e al principio di questa mise en abyme, nella dimensione virtuale di un’app. Ne ricaverei la conferma vissuta, attraverso le sovrapposi­zioni della realtà aumentata, di un sospetto covato da tempo: che Napoli, al pari di poche altre città-mondo sue consorelle, non esista di per se stessa. Napoli è, ormai, il racconto che se ne fa; è la reinterpre­tazione artistica che ne plasma la percezione; è il doppio filmico che, come una pellicola trasparent­e, la avvolge e la rende, di volta in volta, più trasparent­e o più opaca del vero. Ormai Napoli, come Borges ha insegnato una volta per tutte, esiste e consiste nel suo doppio consegnato tanto alla biblioteca quanto alla cineteca di Babele.

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