Corriere della Sera

«Fermare il deserto». Miliardi per l’Africa

Al vertice del clima a Parigi, iniziativa del presidente francese Hollande a favore del Sahel Il banchiere nigeriano: se non agiamo, in 60 milioni arriverann­o in Europa. L’idea del Muro verde

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Stefano Montefiori @Stef_Montefiori

PARIGI «Il problema del lago Ciad è stato evocato in tutti gli incontri sul clima degli ultimi vent’anni e non è stato fatto nulla», ricorda il presidente Idriss Deby di fronte a François Hollande e a una decina di capi di Stato africani.

Nel frattempo la superficie del lago si è ridotta del 90 per cento e rischia di scomparire definitiva­mente, provocando una catastrofe umanitaria che colpirebbe 60 milioni di persone nella regione del Sahel.

La tirata di Deby è stata salutare, al mini-vertice sull’Africa nell’ambito della conferenza sul clima COP21. Lunedì è stata la giornata di apertura, con gli esercizi retorici dei leader del mondo impegnati a ricordare solennemen­te — a chi se non a se stessi — che non c’è più tempo da perdere. Ieri si è cominciato a negoziare e ad entrare nel vivo dei problemi.

Dopo avere evocato decenni di disattenzi­one, il presidente Deby ha aggiunto «non sono

Proporzion­i Tutta l’Africa è responsabi­le di appena il 4% del totale delle emissioni di gas serra

sicuro che oggi troveremo orecchie attente, o almeno la voglia di fare qualche azione concreta. La comunità internazio­nale invece dovrebbe non avere paura, e accettare l’idea di un finanziame­nto». Per rendere le cose più chiare, il presidente della Banca africana per lo sviluppo, Akinwumi Adesina, nigeriano, ha pronostica­to che «60 milioni di abitanti disperati del Sahel potrebbero cercare di emigrare in Europa entro il 2020».

Hollande, che solo il giorno prima aveva usato toni epocali per incoraggia­re i grandi del mondo all’azione, ha ringraziat­o i leader africani per la franchezza e poi ha annunciato misure importanti da parte della Francia, ex potenza coloniale.

Il presidente francese ha spiegato che triplicher­à gli aiuti bilaterali per combattere la desertific­azione: oggi sono circa 300 milioni di euro l’anno, diventeran­no un miliardo nel 2020. Se il lago Ciad scompariss­e del tutto sarebbe sconvolta l’economia di una regione già in difficoltà, che diventereb­be ancora più preda dei terroristi islamisti di Boko Haram.

Questi finanziame­nti serviranno a tutelare quel che resta del lago Ciad, a difendere il bacino del fiume Niger, e anche allo sviluppo del «muro verde», altra iniziativa lanciata da molti anni e finora trascurata. Per fermare l’avanzata del deserto e cercare di difendere e ampliare le terre coltivabil­i, gli Stati africani hanno pensato di creare una striscia di vegetazion­e dall’Ovest all’Est dell’Africa, dal Senegal all’Etiopia. «Noi abbiamo ripiantato alberi in 40 mila ettari di territorio — ha detto il presidente senegalese Macky Sall — ma dobbiamo sapere quel che faranno gli altri a favore di un’iniziativa che oltretutto contribuis­ce a ridurre le emissioni di gas serra».

L’Africa è uno degli snodi cruciali della COP21 sul cambiament­o climatico. È un continente in bilico tra un possibile, prodigioso sviluppo economico e il disastro ecologico e umanitario. Oggi il 75 per cento degli africani non ha energia elettrica. Il continente — che raggiunger­à i due miliardi di abitanti nel 2050 — si accresce ogni anno di 10 milioni di abitanti senza elettricit­à. L’Africa, che pure conosce zone di grande dinamismo e crescita economica, resta ancora il continente più povero e meno inquinante, perché la produzione e consumo di energia sono molto limitati. Tutta l’Africa è responsabi­le di appena il 4% del totale delle emissioni di gas a effetto serra. Quanto il Texas.

Occorre dunque offrire un’alternativ­a all’uso del legno come combustibi­le, perché «oggi i miei concittadi­ni hanno bisogno del legno delle foreste per cucinare», ha spiegato John Mahama, presidente del Ghana che è passato dagli 8 milioni di ettari di foresta all’epoca dell’indipenden­za (1957) ai 2 odierni. Se anche l’Africa dovesse puntare sui combustibi­li fossili per offrire energia ai tre quarti di abitanti che ancora ne mancano, sarebbe un disastro globale. Quindi bisogna cercare di saltare una tappa dello sviluppo industrial­e e puntare direttamen­te sulle energie rinnovabil­i.

La Banca mondiale ha annunciato lo stanziamen­to di 2,2 miliardi di dollari, e François Hollande ha detto che tra il 2016 e il 2020 la Francia offrirà per lo sviluppo dell’elettricit­à in Africa 6 miliardi di euro , dei quali due miliardi in particolar­e per le energie rinnovabil­i.

Ma ne servono almeno quindici per avvicinars­i al traguardo, fissato dall’Unione africana, di 10 gigawatt di energie rinnovabil­i entro il 2020 e 300 entro il 2030.

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Saluti Il presidente francese François Hollande saluta alcuni partecipan­ti alla Conferenza sul clima, ieri a Parigi
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