«Fermare il deserto». Miliardi per l’Africa
Al vertice del clima a Parigi, iniziativa del presidente francese Hollande a favore del Sahel Il banchiere nigeriano: se non agiamo, in 60 milioni arriveranno in Europa. L’idea del Muro verde
PARIGI «Il problema del lago Ciad è stato evocato in tutti gli incontri sul clima degli ultimi vent’anni e non è stato fatto nulla», ricorda il presidente Idriss Deby di fronte a François Hollande e a una decina di capi di Stato africani.
Nel frattempo la superficie del lago si è ridotta del 90 per cento e rischia di scomparire definitivamente, provocando una catastrofe umanitaria che colpirebbe 60 milioni di persone nella regione del Sahel.
La tirata di Deby è stata salutare, al mini-vertice sull’Africa nell’ambito della conferenza sul clima COP21. Lunedì è stata la giornata di apertura, con gli esercizi retorici dei leader del mondo impegnati a ricordare solennemente — a chi se non a se stessi — che non c’è più tempo da perdere. Ieri si è cominciato a negoziare e ad entrare nel vivo dei problemi.
Dopo avere evocato decenni di disattenzione, il presidente Deby ha aggiunto «non sono
Proporzioni Tutta l’Africa è responsabile di appena il 4% del totale delle emissioni di gas serra
sicuro che oggi troveremo orecchie attente, o almeno la voglia di fare qualche azione concreta. La comunità internazionale invece dovrebbe non avere paura, e accettare l’idea di un finanziamento». Per rendere le cose più chiare, il presidente della Banca africana per lo sviluppo, Akinwumi Adesina, nigeriano, ha pronosticato che «60 milioni di abitanti disperati del Sahel potrebbero cercare di emigrare in Europa entro il 2020».
Hollande, che solo il giorno prima aveva usato toni epocali per incoraggiare i grandi del mondo all’azione, ha ringraziato i leader africani per la franchezza e poi ha annunciato misure importanti da parte della Francia, ex potenza coloniale.
Il presidente francese ha spiegato che triplicherà gli aiuti bilaterali per combattere la desertificazione: oggi sono circa 300 milioni di euro l’anno, diventeranno un miliardo nel 2020. Se il lago Ciad scomparisse del tutto sarebbe sconvolta l’economia di una regione già in difficoltà, che diventerebbe ancora più preda dei terroristi islamisti di Boko Haram.
Questi finanziamenti serviranno a tutelare quel che resta del lago Ciad, a difendere il bacino del fiume Niger, e anche allo sviluppo del «muro verde», altra iniziativa lanciata da molti anni e finora trascurata. Per fermare l’avanzata del deserto e cercare di difendere e ampliare le terre coltivabili, gli Stati africani hanno pensato di creare una striscia di vegetazione dall’Ovest all’Est dell’Africa, dal Senegal all’Etiopia. «Noi abbiamo ripiantato alberi in 40 mila ettari di territorio — ha detto il presidente senegalese Macky Sall — ma dobbiamo sapere quel che faranno gli altri a favore di un’iniziativa che oltretutto contribuisce a ridurre le emissioni di gas serra».
L’Africa è uno degli snodi cruciali della COP21 sul cambiamento climatico. È un continente in bilico tra un possibile, prodigioso sviluppo economico e il disastro ecologico e umanitario. Oggi il 75 per cento degli africani non ha energia elettrica. Il continente — che raggiungerà i due miliardi di abitanti nel 2050 — si accresce ogni anno di 10 milioni di abitanti senza elettricità. L’Africa, che pure conosce zone di grande dinamismo e crescita economica, resta ancora il continente più povero e meno inquinante, perché la produzione e consumo di energia sono molto limitati. Tutta l’Africa è responsabile di appena il 4% del totale delle emissioni di gas a effetto serra. Quanto il Texas.
Occorre dunque offrire un’alternativa all’uso del legno come combustibile, perché «oggi i miei concittadini hanno bisogno del legno delle foreste per cucinare», ha spiegato John Mahama, presidente del Ghana che è passato dagli 8 milioni di ettari di foresta all’epoca dell’indipendenza (1957) ai 2 odierni. Se anche l’Africa dovesse puntare sui combustibili fossili per offrire energia ai tre quarti di abitanti che ancora ne mancano, sarebbe un disastro globale. Quindi bisogna cercare di saltare una tappa dello sviluppo industriale e puntare direttamente sulle energie rinnovabili.
La Banca mondiale ha annunciato lo stanziamento di 2,2 miliardi di dollari, e François Hollande ha detto che tra il 2016 e il 2020 la Francia offrirà per lo sviluppo dell’elettricità in Africa 6 miliardi di euro , dei quali due miliardi in particolare per le energie rinnovabili.
Ma ne servono almeno quindici per avvicinarsi al traguardo, fissato dall’Unione africana, di 10 gigawatt di energie rinnovabili entro il 2020 e 300 entro il 2030.