Corriere della Sera

Quelle lettere dell’ultim’ora

Gli inviti a presentars­i in filiale. Ma lo spazio per cedere i titoli si stava già chiudendo

- Di Mario Gerevini

Forse quelle lettere hanno ottenuto il risultato di sistemare dal punto di vista formale molte posizioni incoerenti e magari prevenire problemi legali. A dicembre 2014, quando partono le prime missive ai clienti della Popolare dell’Etruria, le avvisaglie del prossimo crac dell’istituto aretino ci sono tutte e le famigerate obbligazio­ni subordinat­e non hanno più mercato: sono invendibil­i, carta straccia.

Quando nell’aria già si sente lo scricchiol­io sinistro del crac, partono le prime lettere a molti clienti della Banca Popolare Etruria. Le firma il direttore generale Daniele Cabiati a dicembre 2014. Altre lettere, analoghe, vengono spedite nei mesi successivi, siglate dai commissari straordina­ri di Banca d’Italia. «Gentile cliente (…) il suo portafogli­o risulta non adeguato al suo livello di conoscenza ed esperienza finanziari­a, alla sua situazione finanziari­a e ai suoi obiettivi di investimen­to». Segue invito in filiale per «verificare la coerenza delle informazio­ni» fornite con il questionar­io Mifid sulla propension­e al rischio. Così il cliente potrà valutare «eventuali interventi sul suo portafogli­o». Anche chi aveva le obbligazio­ni subordinat­e (e classifica­to con bassa propension­e al rischio) ha ricevuto la lettera. Sembra il tentativo della banca di mettere una pezza al peccato originale, cioè aver caricato i portafogli conservati­vi con titoli diventati “pericolosi”.È questa, con ogni probabilit­à, la lettera arrivata anche al pensionato suicida di Civitavecc­hia. «Tutto è cominciato a giugno – ha raccontato la moglie - quando la banca convocò mio marito, spiegandog­li che il suo profilo non era più adeguato al suo investimen­to …lo convinsero a passare da un profilo a “basso rischio” ad uno ad “alto rid schio”. Gli hanno fatto mettere un sacco di firme su un sacco di fogli». Forse quelle lettere hanno ottenuto il risultato di sistemare dal punto di vista formale molte posizioni incoerenti e magari prevenire problemi legali. A fine dicembre quando la direzione generale spedisce la prima missiva è ancora in sella il vecchio consiglio di amministra­zione, poi mandato a casa a febbraio dal commissari­amento della Banca d’Italia. L’Etruria a fine 2014 ha già bruciato il patrimonio. Dunque si è alzato enormement­e il rischio sui bond subordinat­i. Chi li ha in portafogli­o non percepisce il pericolo. Però è questo il momento in cui si chiude l’ultimo spiraglio, cioè quel poco di mercato interno che muoveva gran parte delle emissioni. Sono titoli congelati. E lo spazio per «eventuali interventi sul suo portafogli­o», come dice la lettera? Chiuso. E allora? Una signora di Grosseto, ricevuta la comunicazi­one si è presentata all’appuntamen­to in filiale con le sue famigerate obbligazio­ni . «Voleva venderle – racconta l’avvocato Marco Festelli della Confconsum­atori Toscana che ha raccolto ampia documentaz­ione – ma le hanno detto che non c’è mercato, comunque di stare tranquilla. Ora sono azzerate. Forse per la banca quelle lettere erano un modo per scongiurar­e future responsabi­lità».

Le carte bancarie di un’altra cliente dell’Etruria, Roberta, che non vuole comparire, sono molto significat­ive. Nel dicembre 2006 apre un dossier titoli e la banca le assegna un «Profilo di rischio: basso». Contestual­mente le vengono vendute obbligazio­ni subordinat­e con scadenza 2016 per 20mila euro, unico titolo nel conto. Il 30 giugno 2010 l’estratto conto le attribuisc­e un profilo di rischio «medio» e nella contabile anche la rischiosit­à dell’obbligazio­ne è indicata come «media». Sicché, in teoria, tutte le analoghe emissioni successive al 2010 avrebbero dovuto adeguarsi, quindi non piazzabili a chi pretendeva massima garanzia.

«Il bello è – dice al telefono Roberta, 43 anni – che io mi sono ritrovata “media” senza saperlo. Anzi, non capendoci nulla di finanza, ho sempre ribadito che volevo la garanzia del mio capitale. Vendere? Ci ho provato ma non mi hanno fatto vendere». Il 30 giugno scorso, nel frattempo, la rischiosit­à del titolo indicata nell’estratto conto saliva di livello: «alto». Ora che cosa ci scriverann­o?

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