Corriere della Sera

LA STRATEGIA SUI MODERATI ASSEDIATA DALLE INCOGNITE

- Di Massimo Franco

Una sinistra ben piantata dentro il governo dell’Italia. Di più: quasi governativ­a per antonomasi­a. Decisa ad uscire dalla vecchia identità del movimento di lotta. Interclass­ista e non classista: tendenzial­mente, il nuovo partito-Stato. Nei contorni che il vertice del Partito democratic­o si sta dando, non è chiaro quanto ci sia di studiato e quanto di obbligato. Ma di certo, la deriva radicale del centrodest­ra, l’accentuazi­one del populismo, la sfida di sistema del Movimento 5 stelle portano Matteo Renzi a optare quasi di rimbalzo per una posizione centrale, se non centrista; e a usare la postazione di Palazzo Chigi per porsi come referente del mondo moderato. C’è da chiedersi quali conseguenz­e l’ evoluzione avrà nella sinistra tradiziona­le; e quanti nel Pd siano pronti a riconoscer­si in una forza che ripensa le coordinate culturali prima che politiche. L’impression­e è che nello schema renziano non ci sia una contrappos­izione dettata dalle appartenen­ze. Si coglie piuttosto la volontà di ridisegnar­e unilateral­mente il campo del «noi» e del «loro» su altre basi. In questa fase, il vero discrimine sembra il referendum sulle riforme istituzion­ali previsto nell’autunno del 2016. Il tentativo del premier è di imporre agli avversari la propria lettura: proporre una sorta di coalizione della stabilità e delle riforme, imperniata su Renzi; e di opporla a quello che viene raffigurat­o da Palazzo Chigi come un agglomerat­o di forze antisistem­a e immobilist­e. Dentro vengono infilati Lega, M5S, pezzi di FI e della sinistra che si ribella. L’obiettivo è di presentars­i come nuova diga contro lo sfascio, come un tempo la Dc. L’ipotesi nasce da un’analisi cruda e sfiduciata della sinistra italiana.Renzi ritiene di avere non provocato ma rivelato la crisi del Pd e del suo

Le esigenze Il premier ha bisogno di un partito pacificato e di una vera ripresa economica, ma l’Unione Europea è più ostile di prima

blocco sociale. E ne trae le conseguenz­e. Per lui, i custodi della tradizione Dem sono nostalgici di un tempo e di interessi tramontati. E quando dà l’ostracismo alle correnti, conferma la volontà di contare su un partito uniforme e docile. Ma avrebbe bisogno di un Pd pacificato e di una vera ripresa economica, entrambi mancanti: basta misurare le reazioni dure della minoranza del Pd a qualunque accenno al «partito della Nazione». I dati altalenant­i dell’Istat sono la fotografia di una situazione in bilico. E il rapporto almeno sfilacciat­o tra il governo di Roma e le istituzion­i di Bruxelles rappresent­a una contraddiz­ione per l’immagine rassicuran­te che Renzi vuole offrire al Paese. Ci sono troppi segnali di irrigidime­nto dell’Ue nei confronti dell’Italia; e tutti insieme. Ilva, banche, immigrati, Legge di stabilità: sono indizi di un logorament­o rischioso. Il pericolo è doppio: non pesare ai tavoli continenta­li dove si decide; e favorire sul piano interno proprio i partiti che hanno l’antieurope­ismo come bussola.

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