Corriere della Sera

Il tormento di Elisabetta, l’altra mamma silenziosa

- G.Fas.

Nell’ombra e nel silenzio, aspettando e piangendo. Elisabetta, la madre di Alberto Stasi, è sempre rimasta in disparte. Otto anni e quattro mesi a tormentars­i e a sperare che quel figlio, quel suo unico figlio, non gli fosse portato via dalla giustizia.Fino al giorno di Natale del 2013 c’era suo marito Nicola, faceva tutto lui. Ma quella notte il cuore di Nicola si è arreso a una malattia e nell’esatto momento in cui sullo schermo il battito cardiaco è diventato una linea retta, lei e Alberto hanno capito che sarebbe stato tutto più difficile. Elisabetta ha pianto, ci saranno stati mille e mille momenti di disperazio­ne, ci saranno state così tante notti in bianco da non contarle nemmeno più. Davanti all’omicidio di una ragazza di 26 anni, davanti alla crudeltà di quel corpo buttato giù dalle scale e davanti a un’inchiesta che ha sempre avuto soltanto Alberto come indagato, è evidente che alle sofferenze di Elisabetta nessuno abbia mai badato. Se di famiglia si è parlato è sempre successo con i nomi di Alberto e Nicola. Nicola è sempre stato accanto al figlio, ha sempre seguito le udienze, lo ha sempre difeso davanti agli inquirenti e al mondo, non lo ha mai lasciato solo. E lei, Elisabetta, è rimasta un fantasma. Mai che si sia lasciata sfuggire una parola con i giornalist­i, mai che si sia presentata con suo marito a uno dei tanti appuntamen­ti di suo figlio davanti alla giustizia. L’ultima e l’unica immagine pubblica che si può trovare di lei negli archivi è quella del giorno del funerale di Chiara. Era agosto del 2007, era in qualche modo un’altra vita. Si vede lei, la madre del sospettato Alberto, in lacrime mentre abbraccia suo figlio e si siede accanto a lui a un passo da Rita e Giuseppe, i genitori di Chiara.Il tempo le avrebbe insegnato ciò che lei aveva sempre saputo: che umanamente è molto più semplice e immediata l’empatia con la madre della vittima che con quella del presunto assassino. Ogni volta che i riflettori si sono riaccesi sull’inchiesta o sul processo lei ha sentito addosso gli sguardi di una comunità piccola come quella di Garlasco. E non erano sempre sguardi di compassion­e o di comprensio­ne. Difficile, in certi periodi, perfino uscire a comprare il pane. Così Elisabetta ha imparato a scandire il tempo fra la casa e l’officina di autoricamb­i che è rimasta a gestire da sola (da qualche mese con Alberto) dopo la morte di Nicola. Un fantasma, ancora una volta. .

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