L’ARCHIVIO DEI RICORDI E LE AMNESIE IN AMORE
«Ma come si chiamava? Oddio, non me lo ricordo più...». Quando si è single (diciamolo: un po’ attempati) il carico dei ricordi, anche quelli amorosi, si trascina con una certa fatica, al punto che si sente il bisogno di condividerlo con gli amici di una vita. È così che l’altra mattina, un po’ sul presto, sono stata svegliata dall’sms di un’amica: «Ma te lo ricordi il nome di quel mio fidanzatino, quello carino con cui condividevo il pianerottolo di casa? Era con la P, ne sono certa. Help! Sto impazzendo».
Per un single di lunga data l’archivio dei ricordi condiviso ha un’importanza capitale per non perdere memoria di un bel pezzo della vita. Quello stesso archivio le coppie di lungo corso di solito lo condividono e lo compulsano con facilità. Per un single invece ricomporre l’album dei ricordi è meno scontato perché, prima di riuscire a recuperare il «fotogramma» perso, bisogna rammentare con chi ne abbiamo condiviso lo «scatto».
«Guarda che io non lo so chi era quello del pianerottolo — ho dovuto rispondere alla mia amica —. E, comunque, che ci fai sveglia a quest’ora?». E lei indomita: «Sono sveglia perché l’ho sognato e ora mi sto scervellando sul nome. Come non lo sai? Non c’eri tu a Roma in quegli anni? Che anni erano? Non me lo ricordo!».
C’erano una volta le Polaroid e le foto su carta: finivano tutte in uno scatolone e spesso erano accompagnate da un misericordioso aiuto vergato a mano sul retro: data, luogo e, a volte, persino soggetti fotografati. Ora quel patrimonio comincia a scarseggiare: più ci ostiniamo a fotografare, più perdiamo il senso di ciò che conta davvero ritrarre. Cosi non salviamo niente oppure salviamo tutto. Ma se lo facciamo, il supporto scelto passa di moda e i ricordi si perdono: quanti conservano ancora gli illeggibili videotape, cd rom, e via andare? Il futuro che ci aspetta sarà di certo meraviglioso e qualcuno inventerà una macchina per leggerci dentro la memoria quando noi non saremo più capaci di farlo. Nel frattempo ci sono solo gli amici, purché restino tali e abbiano buona memoria. E soprattutto non chiamino all’alba.
Più ci ostiniamo a fotografare più perdiamo il senso di ciò che conta