Dal primo baule alla Petite Malle Vuitton si racconta
Dal primo baule piatto che Vuitton creò nel 1858 per renderlo impilabile nei trasporti, alla steamer bag (1901), borsa in tela pensata per contenere la biancheria sporca, antesignana della city bag, dal sapore un po’ femminista, perché rappresenta il momento in cui le donne hanno cominciato ad abbandonare la minaudière da bella statuina e a uscire di casa. È arrivato anche il ministro francese dell’Economia, Emmanuel Macron, al Gran Palais ad inaugurare la mostra «Volez, Voguez, Voyagez - Louis Vuitton» (fino al 21 febbraio ). Cento sessant’ anni di borse che hanno accompagnato, sostenendole, le scoperte nate attorno al viaggio. «Quando due anni fa Bernard Arnault mi ha chiesto di organizzare una grande retrospettiva ho chiesto di potermi immergere negli archivi. Sono rimasto colpito dalla vastità di oggetti e documenti che hanno permesso di ricostruire una storia poetica, raccontata in nove capitoli: le esplorazioni, l’aero,
l’auto, l’Oriente Express...», spiega il curature Olivier Saillard. Ad accogliere il visitatore è il ritratto di un albero di Colbert (uscito per la prima volta dal suo museo). Perché il legno è l’inizio di tutto. Louis Vuitton
Grand Palais Una mostra a Parigi ripercorre i 160 anni del marchio. Che ha il legno all’inizio di tutto
aveva 14 anni quando lasciò a piedi Anchay, zona boscosa della Jura. Dopo due anni arriva a Parigi dove viene assunto come apprendista imballatore, prima di mettersi in proprio e cominciare a creare bauli e borse per rendere il viaggio più confortevole, leggero ed elegante. E per ciò l’artigiano s’inventa anche le tele cerate impermeabili — la grigia Grey Trianon delle origini, quella a righe, a cui seguiranno gli scacchi damier studiati dal figlio George nel 1888 per contrastare
le imitazioni, fino al Monogram datato 1896.
A sorprendere è l’attualità di oggetti creati su commissione come il baule guardaroba, nato con il diffondersi dei viaggi in piroscafo: grazie all’apertura verticale permette di non disfare il bagaglio. Nella sala scrittura, c’è il baule biblioteca di Hemingway, anticipatore di tutte le cartelle da uomo. Nella sala delle esplorazioni, il bauletto di zinco delle nuove collezioni si confonde con quelli che hanno equipaggiato la Crosière noire e jaune dei fratelli Citroën. «La mia preferita — dice Saillard — è la stanza dedicata all’automobile, quando il viaggio diventa stile di vita». E allora ecco la borsa rotonda per contenere gli attrezzi da meccanico con la sagoma della ruota di scorta.
Intanto Vuitton l’imballatore lavora per la moda che sta esplodendo. Il baule di Paul Poiret contiene la sua giacca da camera gialla. Il set di valigie di Elizabeth Taylor ha ancora l’etichetta viola con il suo nome. Accanto al bauletto in legno con il quale Vuitton recapitava fiori alle signore c’è la Petite Malle creata da Nicolas Ghesquière, nuovo oggetto del desiderio da 3.600 euro. Arnault sa che il merito è del savoir faire dei bravi artigiani: e li ha voluti al lavoro davanti ai mille ospiti al Gran Palais blindato, tra cui artisti come Daniel Buren, Bertrand Lavier, Xavier Veilhan,Olafur Eliasson.