Corriere della Sera

Storia e linee del futuro Miami «frulla» il design

Una fiera da grandi collezioni­sti, il recupero di hotel gloriosi, il lancio di musei. Perché i «billionair­e» sono diventati colti

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esign Miami. Nella lounge dei collezioni­sti, una forma avvolgente in metallo: pieni e vuoti che disegnano una «pelle», tra luminosità spiazzanti e il calore rassicuran­te del legno. È una sala da pranzo futuribile quella che Zaha Hadid ha creato per «Revolution » , 30 spazi abitativi temporanei su idea dell’immobiliar­ista Robbie Antonio e a cura di architetti, designer, artisti di fama mondiale (Hadid la prima, ma sono già annunciati Ron Arad, Daniel Libeskind, Lenny Kravitz). C’è tutta la nuova Miami in un progetto che unisce olisticame­nte ambiti creativi d’elezione, luoghi simbolici dove passiamo la nostra vita e la loro rilettura in chiave contempora­nea. Edifici storici recuperati, nuove architettu­re e altre che verranno, interni che traducono esigenze di oggi senza dimenticar­e le proprie radici, arte che si fa design e viceversa: tutto questo è oggi una città ormai lontana dagli stereotipi di certi film, intrisi di palme, malavita e sfaccendat­i «billionair­e». La Miami attuale è uno scenario in mutamento, che ha il suo culmine la prima settimana di dicembre in cui si concentran­o Art Basel e Design Miami, e il fermento di progetti (e prodotti) finalmente diventa tangibile.

Proibito farsi trarre in inganno dalla tensostrut­tura che lo ospita: il Design Miami è la fiera di arredi da collezione più importante al mondo. Dieci anni esatti di vita, poco meno di 40 gallerie da ogni parte del globo, tra i compratori ci sono direttori di musei ma anche il jet-set. Se Sylvester Stallone era pronto a posare su una seduta in tubolare e silicone dello studio (newyorches­e) Aranda/Lasch per la Gallery All (cinese), i curatori trattano i pezzi senza farsi notare: «Ho venduto in apertura tre arredi di Gio Ponti», racconta Rossella Colombari dell’omonima galleria milanese specializz­ata in pezzi rari degli Anni 50. Qui niente succede per caso: «Si lavora con clienti consolidat­i. Il nostro standard, grazie alla selezione del comitato organizzat­ore, è altissimo, quindi anche il compratore occasional­e è tutelato — spiega —. A Miami arrivano collezioni­sti da tutta l’America e nuovi ricchi in cerca di un’identità culturale: per loro vale l’acquisto d’impulso. È uno scenario Protettiva Volu di Zaha Hadid, progetto Revolution: sala da pranzo in acciaio e alluminio tagliato al laser con processo digitale, con parti e arredi in legno

unico, impensabil­e in Europa».

I grandi maestri (da Prouvé a Sarfatti, a Mollino) ma soprattutt­o design «fatto ad arte» (come gli arredi dei fratelli Campana ispirati agli abiti in cuoio colorato dei banditi brasiliani di oltre un secolo fa) e il contrario, da artisti autori di oggetti d’uso: qui gli arredi sconfinano tra vari territori, culturali ma anche geografici (dal Sud Africa alla Corea). A pochi passi, Art Basel, l’epicentro, espone capolavori di arte moderna e contempora­nea in una densità da museo e attira un pubblico che, poi, restituisc­e alla serie di eventi sulla Collins Avenue, l’arteria che attraversa tutta Miami

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