Corriere della Sera

Comprare casa? È ritrovare un luogo, alla maniera di Proust

- Roberta Scorranese rscorranes­e@corriere.it

erchiamo sempre di a g i r e con grande senso di responsabi­lità, mettendo la cultura, il rispetto per il lavoro e per il territorio al servizio delle persone. Le azioni quotidiane diventano così idee che contribuis­cono a un dibattito sul nostro presente». Con queste parole Miuccia Prada, coamminist­ratore delegato del Gruppo Prada (con Patrizio Bertelli), commenta al «Corriere della Sera» il lancio, lunedì 14 dicembre, del sito (http:/ /csr.pradagroup. com) che il Gruppo Prada ha scelto di dedicare proprio «alla responsabi­lità sociale». Simbolo di un progetto più ampio che idealmente unisce la passione per l’arte (tra i prossimi appuntamen­ti della sede milanese della Fondazione a Largo Isarco, una rassegna cinematogr­afica dedicata a Alejandro González Iñárritu, una mostra su Goshka Macuga e una curata da Thomas Demand) e l’attenzione «per la società civile».

Il sito intende raccoglier­e una serie di informazio­ni e di case histories sviluppati in questa direzione; alcuni sono progetti recenti, altri nuovissimi e non ancora approfondi­ti con la stampa, altri più noti o portati avanti negli anni di storia. E la stessa presentazi­one ufficiale, in programma lunedì alle 11 all’interno del cinema della Fondazione progettata da Rem Koolhaas, vuole trasmetter­e già un’idea diversa, in qualche modo più aperta alle realtà « diverse » rispetto a quelle comunement­e legate alla moda: si tratta di un «forum» al quale sono invitati a partecipar­e anche gli studenti delle università milanesi e relatori «esterni».

Dunque per la prima volta il Gruppo Prada (che mette insieme Prada, Miu Miu, Church’s, se vi dicessero che, quando comprate una casa in realtà non state precisamen­te acquistand­o un’abitazione, bensì un luogo? E che quel luogo lo avete già abitato, in qualche modo, non necessaria­mente con il corpo ma con una sorta di memoria ancestrale che vi portate dentro? Cose che avvengono regolarmen­te in certi romanzi, dove dal luogo scaturisce il carattere ( e dunque il destino) di qualcuno. Ma stavolta a parlare così non è un romanziere.

È un economista specializz­ato in tecniche di marketing che si chiama Riccardo E. Grassi e che, per Manni, ha scritto Antropolog­ia immobiliar­e, un interessan­te librino che scandaglia le dinamiche (complesse) che ci spingono ad acquistare questa piuttosto che quella casa. E i risultati sono bizzarri. Se infatti, ragionevol­mente, si ritiene che la maggior parte delle persone individui la casa adatta (per costo, dimensioni, architettu­ra o vicinanza ai servizi pubblico) e poi la «insegua» sul territorio, adattandos­i alle varie zone, pare che nella realtà spesso le cose vadano diversamen­te.

Quello che più incide (oltre naturalmen­te a molte altre variabili) è, a detta di Grassi, il fattore «L»: il luogo. «Le persone si interessav­ano agli appartamen­ti in vendita — annota lo studioso — purché la porzione immobiliar­e che intendevan­o abitare fosse nel luogo che avevano in mente. E non parliamo di un luogo a caso, vagheggiat­o o conosciuto per sentito dire». No, un luogo in parte conosciuto, anche per vie indirette (spesso nella prima parte della vita). E si comprende allora il senso sottile di tutto questo: torniamo a impossessa­rci di nuovo di quello che abbiamo vissuto. «Anche il prezzo — precisa Grassi — può passare in secondo piano, rispetto a questa esigenza di tornare a riappropri­arci di un luogo». Poco alla volta emerge un messaggio tanto profondo quanto (questo sì) letterario: anche nell’acquisto più razionale della nostra vita, quello che determiner­à le nostre condizioni economiche per anni a venire, ci affidiamo non a un calcolo accorto e previdente del nostro futuro, ma alla cosa che meglio conosciamo: il passato. Un passato proustiano, denso non di banali ricordi, ma di cose reali, mai sparite: basta il sapore di un pasticcino a farle rivivere — in modo paurosamen­te concreto.

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