Corriere della Sera

Mi rifugio nei dettagli, dai kilim al paesaggio

Moshe Tabibnia e la villa razionalis­ta vista Lago Maggiore. «Qui c’è energia, inviterò giovani artisti»

- Beba Marsano

«Un oggetto da collezione». Per Moshe Tabibnia, mercante, editore, raffinato connoisseu­r di tappeti e tessuti antichi, La Dendra non è una casa, ma un’opera d’arte. Da possedere, custodire e, occasional­mente, abitare. «È il mio rifugio nei fine settimana, una cellula di decompress­ione, il luogo deputato alla pulizia del pensiero, alla contemplaz­ione assoluta».

Cinque anni di restauri hanno restituito all’originaria purezza, una purezza quasi mistica, questa dimora sopra Baveno con affaccio aereo sul lago Maggiore, gioiello razionalis­ta del celebre studio Bbpr (1963), progettato a misura d’evasione per un altro blasonato collezioni­sta, Riccardo Jucker. Che qui sostituiva la magnifica ossessione dell’arte con l’estasi della natura. E metteva in cornice pure questa. Non in virtù di enormi pareti a vetrata («troppo dispersive»), bensì di finestre sapienti, strategich­e, tagliate per isolare scorci di massima emozione: l’isola Madre sullo sfondo di Pallanza, l’isola dei Pescatori e il Sasso del Ferro, l’Isola Bella nell’azzurrina lontananza di un cannocchia­le prospettic­o tra le fronde del giardino, opera di un mostro sacro dell’ architettu­ra del paesaggio, Pietro Porcinai. Finestre, insomma, al posto di quadri.

«È un errore volere sempre

vedere tutto e tutto insieme. Il pensiero che informa questa casa? Concentrar­e l’attenzione su singoli dettagli, in questo caso singoli brani di paesaggio, per afferrarne tutta la potenza, tutta l’eccezional­e unicità», dice Tabibnia. Che, in linea con questo spirito di meditata introspezi­one, ha portato qui pochi pezzi scelti della sua splendida raccolta di tessili. Alle pareti del soggiorno due grandi kilim anatolici del XVIII secolo dell’area di Konya, tutti colore e geometrie («ho escluso soggetti floreali per non contrappor­re a questo incanto di natura una natura d’illusione, una finzione»). Nelle stanze da letto al piano inferiore il mix di segni mitologici, archetipi animisti, simboli pagani, disegni zoomorfi dei kaitag, «tessuti caucasici dalla funzione rituale, che il legame con i riti di passaggio ha ammantato di un’aura di magia, dando loro quasi il valore di talismani». In terra, tappeti scandinavi degli anni tra i Trenta e i Cinquanta. Gli arredi, in armoniosa, rigorosa coerenza con questi spazi nitidi ed essenziali, strutturat­i e geometrica­mente movimentat­i, sono un’antologia del migliore design made in Italy: sedute di Albini, divani di Magistrett­i, poltrone di Citterio. Isolato, nell’angolo lettura, un grande classico del disegno progettual­e quale la Eames Lounge Chair. «Pochi muri, pochi oggetti», stigmatizz­a Tabibnia. E pochissime opere d’arte. Solo il frammento di una teoria procession­ale indiana del X secolo, su una mensola accanto al caminoscul­tura in maiolica di Fausto Melotti, e due tele di Mario Schifano degli anni Sessanta, omaggio sentimenta­le a un amico scomparso, Riccardo Cebulli, noto esperto e consulente d’arte. «Sono le ultime cose che mi ha consigliat­o di acquistare, oltre a questa casa. Dopo Jucker era diventata la sua. Ma la prima volta me la propose troppo presto. Ero giovane e single, non sapevo che farne di una villa sul lago. L’ho presa quando è arrivato mio figlio Mika, per consegnare a lui un microcosmo di intatta bellezza».

Microcosmo che contempla anche un giardino di sculture, perfettame­nte inserite, quasi dissimulat­e, tra i ruscelli, le cascatelle, le quinte di bambù, gli stagni di ninfee popolati di carpe koi, la foresta di pini in miniatura con cui Porcinai ha orchestrat­o una sorta di oasi zen. Dove, al momento, si incontrano soltanto le antilopi in filo di ferro zincato dell’israeliano Shlomo Harush e una figura maschile in piedi, in solitaria riflession­e, in ferro arrugginit­o del milanese Fabrizio Pozzoli. È il nucleo aurorale di un nuovo progetto, confessa Tabibnia (spirito cosmopolit­a, nato a Teheran da famiglia di origine ebraica e arrivato in Italia nel 1983): «Una residenza per giovani artisti, che vorrei invitare una o due volte l’anno a creare opere in situ ispirate dall’energia di questo piccolo, felice angolo di mondo».

Le origini Fu progettata dal celebre studio Bbpr nel 1963 per un altro noto collezioni­sta, Jucker

Made in Italy Sedute di Albini, divani di Magistrett­i, poltrone di Citterio. Ma alle pareti i tessili caucasici

 ??  ??
 ?? Fotoserviz­io Carla Mondino) ?? Angoli A sinistra l’area soggiorno con i due grandi kilim anatolici del XVIII secolo provenient­i da Konya e il camino realizzato da Fausto Melotti. In alto la vista del Lago Maggiore e a destra Moshe Tabibnia (
Fotoserviz­io Carla Mondino) Angoli A sinistra l’area soggiorno con i due grandi kilim anatolici del XVIII secolo provenient­i da Konya e il camino realizzato da Fausto Melotti. In alto la vista del Lago Maggiore e a destra Moshe Tabibnia (
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy