Renault, intesa Parigi-Nissan Un tetto ai poteri dei francesi
Dopo otto mesi di malumori accordo tra lo Stato e i nipponici
PARIGI Dopo otto mesi di crisi che hanno messo in dubbio la sopravvivenza stessa dell’alleanza Renault-Nissan e la permanenza al vertice di Carlos Ghosn, ieri le tre parti — Renault, Nissan e Stato francese — hanno trovato un «accordo di stabilizzazione».
Tutto è nato la scorsa primavera con la scelta del ministro dell’Economia francese Emmanuel Macron di salire nell’azionariato di Renault — dal 15 al 17,9% — per applicare la «legge Florange», che attribuisce diritti di voto doppi agli azionisti di lungo termine. Macron vuole rilanciare il capitalismo industriale contro le speculazioni finanziarie, contestando il principio «un azione un voto»: a suo parere le azioni dello Stato devono contare di più, fino a costituire una «minoranza di blocco» in grado di condizionare tutte le scelte del costruttore nazionalizzato dopo il 1945. La mossa non era piaciuta a Nissan, legata a un’alleanza con Renault dal 1999: l’azienda francese detiene il 43,4% del capitale di Nissan, che a sua volta controlla il 15% di Renault. L’accordo trovato ieri conferma il raddoppio dei diritti di voto preteso dal ministro Macron, ma lo limita ad alcune scelte di fondo.
Per le decisioni giudicate meno strategiche, come la maggior parte delle scelte industriali e la nomina degli amministratori di Renault, lo Stato accetta un plafond dei suoi diritti di voto al 17,9%, fino al 20% in caso di quorum particolarmente elevati. Invece, per le scelte strategiche come eventuali fusioni o i dividendi versati da Renault, lo Stato conserverà il 28% dei diritti di voto e la minoranza di blocco.
Lo Stato si impegna poi a rivendere una parte di azioni per tornare al 15% di aprile e non ottiene il terzo seggio in consiglio di Renault come pretendeva da mesi. Ma, nel complesso, pur con qualche limitazione, il potere dello Stato esce rafforzato dall’accordo.
«L’alleanza Renault-Nissan esce risanata da questa intesa, c’era la volontà ferma di mettere tutti i dissidi alle nostre spalle», ha commentato Carlos Ghosn, il manager francolibanese-brasiliano che guida sia Renault sia Nissan e che da tempo chiedeva — all’opposto rispetto a Macron — un reequilibrio dei pesi a favore della casa giapponese. Nissan non gode di diritti di voto in Renault, a dispetto del fatto che la sua attività sia pari a oltre il doppio dell’alleato francese.
Nel 1999 Nissan stava crollando sotto i debiti, stremata dalla lunga guerra con la rivale Toyota. L’allora capo di Renault, Louis Schweitzer, pensò di sfruttare l’occasione per dare al marchio della losanga un’apertura in America e in Asia dove era assente. L’alleanza Renault-Nissan è stata la chiave poi dell’ascesa di Carlos Ghosn, uno dei manager più pagati e potenti al mondo. Il numero 2 di Renault divenne capo di Nissan nel 2002 e poi numero 1 di Renault nel 2005.
L’alleanza ha funzionato bene, in termini di sinergie, risparmi e sviluppo industriale, ma passato il primo momento in cui Renault ha salvato Nissan, è stata poi la casa giapponese a dimostrarsi la parte più salda e ricca della coppia. Per questo Ghosn ha militato a lungo a favore del riconoscimento dell’importanza di Nissan, ma si è scontrato con la volontà di Emmanuel Macron di frenare la perdita di influenza dello Stato francese nell’economia. La pace è ritrovata, ma il manager di Nissan Hiroto Saikawa avvisa: «Renault ora rispetti i patti, oppure aumenteremo la nostra quota».