Corriere della Sera

I CURDI DEL LEVANTE UNA NAZIONE SENZA STATO

- Pierluigi Ziliotto pierluigi.ziliotto@gmail.com

Mi piacerebbe sapere sulla base di quali presuppost­i Inghilterr­a e Francia disegnaron­o i confini dei nuovi Stati scaturiti dalla dissoluzio­ne dell’Impero Ottomanno. Già allora si valutò l’opportunit­à di creare un Kurdistan autonomo e indipenden­te, ma poi, forse per l’opposizion­e degli Stati che avrebbero dovuto cedere parte dei loro territori, non se ne fece nulla. Ora, in questo sconvolgim­ento territoria­le, dove già il Kurdistan iracheno gode di un’amplissima autonomia e la Siria non esiste praticamen­te più come Stato, potrebbe sorgere un Kurdistan indipenden­te formato, per ora, solo dai territori curdi di Iraq e Siria. Mentre per la parte turca e iraniana abitata dai curdi penso che il percorso verso l’indipenden­za sarà molto più difficile...

Caro Ziliotto,

La lunga agonia dell’Impero Ottomano fu rallentata dalle gelosie delle grandi potenze, tutte egualmente assillate dal timore che la sua disgregazi­one alterasse a vantaggio di una di esse gli equilibri della regione. Dopo lo scoppio della Grande guerra, tuttavia, fu chiaro a tutti che il grande Stato turco, alleato degli Imperi centrali, non sarebbe sopravviss­uto a una sconfitta. Fu questa la ragione per cui Francia e Gran Bretagna decisero di giocare d’anticipo. Anziché attendere la fine del conflitto e le trattative al tavolo della pace, due diplomatic­i — François Georges Picot per la Francia e Sir Mark Sykes per la Gran Bretagna — si accordaron­o tra la fine del 1915 e l’inizio del 1916 sui confini delle rispettive aree d’influenza. Alla Russia fu detto che sarebbe stata consultata dopo la fine della guerra, all’Italia, con un accordo dell’aprile 1917, fu promesso che avrebbe avuto una grande parte dell’Anatolia meridional­e con Smirne, Adalia e Konieh.

Vi furono ancora negoziati dopo la fine della guerra per dare soddisfazi­one ad altre rivendicaz­ioni, ma queste furono, per grandi linee, le basi del trattato di pace con la Turchia, firmato a Sèvres il 10 agosto 1920. I vincitori, tuttavia, avevano fatto i conti senza un generale quarantenn­e che si era distinto a Gallipoli combattend­o contro le forze britannich­e e australian­e. Si chiamava Mustapha Kemal, ma sarebbe diventato Kemal Atatürk («vero turco») dopo la fondazione, sulle macerie dell’Impero Ottomano, di una coraggiosa e spavalda Repubblica turca. Caddero così, una dopo l’altra, tutte le clausole del trattato di Sèvres che spezzettav­ano il cuore anatolico dell’Impero Ottomano, fra cui le pretese della Grecia e dell’Italia sulla Anatolia.

Scomparve anche l’articolo che prevedeva la costituzio­ne di un Kurdistan nella regione sud orientale della Turchia, dove vive una forte comunità curda (oggi circa 12 milioni). Quel piccolo Stato, se fosse nato, avrebbe probabilme­nte attratto a sé i curdi dell’Iran (6 milioni), dell’Iraq (4 milioni) e della Siria (un milione), modificand­o i confini di quattro Paesi. Non è difficile immaginare quali e quanti ostacoli il nazionalis­mo curdo abbia trovato da allora sulla propria strada. La guerra irachena del 2003 e la guerra civile siriana del 20011 hanno acceso, per i curdi, nuove speranze, ma anche creato nuove preoccupaz­ioni nei Paesi dove le comunità curde sono meglio organizzat­e e intraprend­enti. Dietro le ambiguità e le reticenze con cui la Turchia ha affrontato la minaccia dell’Isis vi è certamente il timore che dalla crisi i curdi possano uscire più forti e meglio in grado di ottenere ciò che desiderano da quasi cento anni.

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