Corriere della Sera

BANCHE, SCORCIATOI­E E ILLUSIONI

- Di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi

La leggerezza (o forse peggio) con cui alcune banche, seppure poche e piccole, hanno venduto titoli rischiosi a clienti ignari, naturalmen­te suscita dubbi sull’efficacia delle Autorità preposte ai controlli: la Consob per quanto riguarda il controllo sull’informazio­ne agli investitor­i, la Banca d’Italia per ciò che concerne il controllo sulla governance degli istituti di credito. La Consob, per esempio, si limita a richiedere che le banche inviino ai loro clienti informazio­ni dettagliat­e, non importa se illeggibil­i, soprattutt­o dai piccoli investitor­i. Diceva il grande economista Rudiger Dornbusch: «Scrivere non basta: bisogna entrare nelle banche ad “annusarle”». Quanti ispettori della Consob si sono presentati come innocui e sprovvedut­i investitor­i per vedere quali titoli venivano loro proposti?

La Banca d’Italia ha commissari­ato Banca Marche il 30 agosto del 2013 perché il patrimonio era sceso sotto il limite legale e nessun socio era disposto a sottoscriv­ere il capitale necessario per rimettere in piedi la banca (circa 400 milioni di euro). Fra quel giorno e il decreto di scioglimen­to, lo scorso 22 novembre, sono trascorsi 27 mesi, durante i quali il commissari­amento è stato via via prorogato e la Banca d’Italia non ha né trovato un acquirente, né ha chiuso la banca. Nel novembre del 2008 la Federal Reserve e il governo di Washington salvarono Citibank impiegando 45 miliardi di dollari.

Solo dodici mesi dopo Citibank era tornata in attivo e restituì allo Stato 20 miliardi. Nei due anni successivi tutto il credito fu ripagato con un utile, per i contribuen­ti americani, pari a 12,3 miliardi.

Salvare Citi si rivelò ex post un ottimo investimen­to: un rendimento del 27 per cento in tre anni. Insomma la Fed e l’amministra­zione Usa in due anni hanno risolto il problema Citibank. Noi in due anni non siamo stati capaci di risolvere il problema Banca Marche.

Se il governo non si fida della Banca d’Italia e della Consob la cosa è assai grave. Ma se così stanno le cose, il problema va affrontato direttamen­te, non aggirato incaricand­o qualcun altro di occuparsen­e.

Raffaele Cantone è uno straordina­rio presidente dell’Autorità anticorruz­ione, come ha dimostrato quando si è occupato degli scandali di Expo, Mose e Roma Capitale. L’Italia gli deve essere riconoscen­te. Ma è arduo sostenere che uffici dedicati a sorvegliar­e gli appalti pubblici siano i più adatti a valutare la correttezz­a di operazioni finanziari­e. Questo compito andava e va affidato alla Banca d’Italia e alla Consob.

Il controllo della finanza e la vigilanza sulle banche sono problemi complessi e delicati, che non vanno affrontati con soluzioni ad hoc. Ci vuole molta prudenza.

Mettere «una pezza» (una nuova regola, una nuova procedura) per risolvere un problema contingent­e può creare domani più problemi di quanti ne sembri risolvere oggi. Nel caso di operazioni finanziari­e, ad esempio, distinguer­e fra il reato, cioè la violazione della legge, e l’inadeguate­zza delle leggi stesse è spesso più facile a dirsi che a farsi.

Non dobbiamo poi scordare che la Banca d’Italia è parte del Sistema europeo delle Banche centrali: una legge che ne modificass­e i compiti può essere adottata solo previa autorizzaz­ione del Consiglio della Bce.

Il primo atto di Tony Blair, quando vinse le elezioni nel 1997, fu la riforma della Banca d’Inghilterr­a. La vigilanza sulle banche fu trasferita a un’altra agenzia.

Dieci anni più tardi la Gran Bretagna fu costretta a fare marcia indietro, dopo che lo scarso coordiname­nto fra Banca centrale a agenzia preposta alla vigilanza fu uno dei motivi della corsa agli sportelli di Northern Rock, un’importante banca scozzese.

Se il governo pensa che la vigilanza su banche e finanza sia inadeguata, si avvii una discussion­e istituzion­ale, pacata, e un eventuale processo di riforma, studiando con cura successi e fallimenti di altri Paesi. Per citare ancora Dornbusch: «Tutti i problemi difficili hanno una soluzione facile: peccato sia quasi sempre sbagliata».

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