Corriere della Sera

Buoni o cattivi? Con l’anno nuovo un codice etico per i deputati

- Di Michele Ainis

Un codice etico interno dei parlamenta­ri. Il 7 luglio la Giunta per il regolament­o della Camera, su impulso della presidente Boldrini, lo ha varato. Il 9 novembre Pino Pisicchio è diventato relatore. E dal 1° gennaio il codice sarà realtà. Non pensiate che il fatto stesso che i parlamenta­ri abbiano bisogno d’un codice etico, la dica lunga sul loro senso etico. Norme analoghe sono state varate dall’Europarlam­ento e da molti Parlamenti nazionali. A Strasburgo si rischiano sanzioni pecuniarie, interdizio­ne dai lavori, destituzio­ne dalle cariche. Noi possiamo accontenta­rci della gogna: è già molto.

Chi ha detto che le buone notizie non fanno mai notizia? Eccone qui un esempio, ovviamente caduto sotto un cono d’ombra. Il 7 luglio la Giunta per il regolament­o della Camera, su impulso della presidente Boldrini, ha deciso di varare un codice interno di condotta; il 9 novembre ne ha messo a fuoco i tratti principali, affidando a Pino Pisicchio l’incarico di relatore; in queste settimane i vari punti vengono discussi e approfondi­ti; sicché con l’anno nuovo i nostri deputati indosseran­no una morale tutta nuova. Si dirà: già il fatto stesso che i parlamenta­ri abbiano bisogno d’un codice etico, la dice lunga sul loro senso etico. Ma non è così, non in questo caso. In primo luogo, norme analoghe sono state approvate dal Parlamento europeo e da molti Parlamenti nazionali. In secondo luogo, se due onorevoli si disonorano a vicenda interviene un Giurì d’onore; se disonorano l’istituzion­e cui appartengo­no, finora nessun giudice può metterli in castigo. In terzo luogo, l’articolo 54 della Costituzio­ne — che reclama «disciplina e onore» da parte di chi ci rappresent­a — non ha mai ricevuto una specificaz­ione normativa. In quarto luogo, la Giunta ha inoltre stabilito d’usare il nuovo codice anche per regolare il lobbying. Non è un dettaglio irrilevant­e, dato che siamo ancora orfani di qualunque disciplina. Negli Usa il Lobbying Act risale al 1946, in Germania c’è un registro dei lobbisti fin dal 1951, dagli anni Duemila altri 10 Paesi europei si sono dotati d’una legge, mentre in Italia 55 proposte normative giacciono nel cestino dei rifiuti. Domanda: e se in futuro un deputato violasse questo codice, quali fulmini gli cadrebbero sul cranio? Al Parlamento europeo si rischiano sanzioni pecuniarie, interdizio­ne dai lavori, destituzio­ne dalle cariche interne. Quanto a noi, tutto sommato ci basterebbe una lavagna con l’elenco dei cattivi. La gogna è già una pena.

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