«Le Comunali sono un voto politico La crescita di M5S? Con loro è paralisi»
questi mesi. Assistiamo finalmente a segnali di ripresa: crescita dell’import, dei consumi, dell’accensione di mutui, del tiraggio delle imprese di credito. Lo stesso Pagnoncelli ha segnalato più volte un grado maggiore di fiducia nel Paese».
Non è una contraddizione?
«Sì, e anche abbastanza curiosa. Dalla crisi nera stiamo passando alla ripresa e le dinamiche elettorali non solo non la registrano, ma sono anche in controtendenza, premiando chi fa della contestazione generica la sua sola azione politica. Si tratta di uno scenario che può comunque essere modificato. La maggioranza di governo e il Pd hanno tutti gli argomenti per raccogliere la fiducia dei cittadini».
Il voto alle Comunali di giugno che significato avrà?
«C’è una indubbia valenza politica, trattandosi di un voto nelle più grandi città italiane e dell’unico passaggio elettorale prima delle politiche del 2018. Ma piegarlo solo su questo aspetto è un errore. La dimensione è soprattutto amministrativa e locale. Si decide chi fa il sindaco, non chi fa il primo ministro. Una scelta che riguarda il futuro delle singole città».
Molti dei sondaggi di questi giorni verranno smentiti?
« I cittadini sono sempre consapevoli. Sanno per cosa si Ricandidato Piero Fassino, Pd, 66 anni, sindaco di Torino dal 2011 vota. Da quando esiste l’elezione diretta del sindaco, il risultato è sempre stato influenzato anche dall’affidabilità e dalla credibilità dei candidati».
Un guanto di sfida ai Cinque stelle che hanno grandi aspettative per la sua Torino dove lei si è appena ricandidato?
«So bene che i grillini sperano di ottenere un buon risultato a Torino. E salvo poche eccezioni, ogni candidato corre per vincere. La credibilità della candidata di M5S Chiara Appendino si basa sul fatto che è donna, giovane, si presenta bene, e ha l’aria della secchiona. Ma bisogna andare oltre le apparenze».
A cosa si riferisce?
«In cinque anni di Consiglio comunale non le ho mai sentito fare una sola proposta. E anche in questa prima fase elettorale non mi sembra di aver ascoltato idee in sintonia con le esigenze di Torino. Le sue sono sempre posizioni che in concreto, se mai dovessero essere accolte, paralizzerebbero la città. E in ogni caso veniamo da cinque anni di buon governo. I cittadini ce lo riconosceranno».
Peseranno le divisioni nel centrosinistra e la candidatura torinese dell’esponente di Sel Giorgio Airaudo?
«La strategia di Airaudo e di Sel mi risulta incomprensibile. Usano il voto amministrativo per fare la guerra a Matteo Renzi, ma intanto a Torino come a Bologna il partito di Vendola fa parte del governo cittadino e anche in queste ultime settimane da noi ha votato tutti i provvedimenti della nostra giunta. Si condivide il governo della città, ma per astio verso il presidente del Consiglio si mette in dubbio la maggioranza di cui si fa parte e si indebolisce il centrosinistra. Lo trovo surreale».
L’unità a sinistra deve essere per forza un dogma?