Corriere della Sera

«Su Assad ci sono opinioni diverse Ma spetterà ai siriani decidere» Il capo della diplomazia europea: «Nessuno scambio con Mosca sulle sanzioni»

- DAL NOSTRO INVIATO Paolo Valentino

«La risoluzion­e approvata dal Consiglio di Sicurezza riconosce che è questo il formato della trattativa sulla Siria. Ne traccia la road map e dà all’inviato dell’Onu Staffan De Mistura l’incarico di convocare la prima riunione tra opposizion­e e regime per gennaio. Le tappe previste sono l’avvio della transizion­e politica, il cessate il fuoco in parallelo, una modifica della governance che potrebbe essere o un governo di unità nazionale o un’altra forma di condivisio­ne del potere,

la riforma costituzio­nale, le elezioni. Ma l’essenziale è che il processo parta a gennaio, insieme alla tregua, il che permetterà operazioni umanitarie su larga scala, come le vaccinazio­ni di cui c’è immediato bisogno e questo consente di mandare un messaggio ai siriani, una speranza per il futuro».

Federica Mogherini è appena uscita dal vertice newyorkese sulla Siria. L’Alto rappresent­ante per la politica estera parla di «via europea alla soluzione delle crisi» e sottolinea «il successo dei formati multilater­ali, dove si connette il lavoro delle Nazione Unite, dei partner regionali e della Ue». Come già dimostrato sul nucleare iraniano, «è un modello che potrebbe in futuro aiutarci a prevenire nuove crisi e a gestirne delle altre».

Che ne sarà di Assad?

«Restano opinioni diverse. Ma siamo tutti d’accordo che ci sarà una transizion­e e che spetterà ai siriani, tutti i siriani, decidere».

L’altra grande questione aperta è la lista condivisa delle organizzaz­ioni terroristi­che. A che punto siamo?

«Se n’è parlato e il lavoro va avanti, guidato dai giordani. Si incrociano le informazio­ni tra le intelligen­ce per identifica­re chi non è terrorista e chi è considerat­o tale, con l’accordo di tutti. Man mano che avremo il cessate il fuoco, i gruppi che lo rispettano potranno entrare nel processo politico».

Qual è il ruolo della Ue ?

«Sulla Siria l’Ue è fondamenta­le su due versanti: quello umanitario, abbiamo fin qui stanziato 4 miliardi di euro per l’emergenza siriana. E quello diplomatic­o: i nostri rapporti con l’Iran, i Paesi della regione e le parti siriane ci mettono nelle condizioni migliori per aiutare il processo».

La firma dell’accordo sulla Libia è una vera svolta?

«E’ molto positivo che sia successo dopo 16 mesi di difficili negoziati: diverse componenti libiche, non solo parte dei due parlamenti, ma anche municipali­tà e tribù, hanno risposto a un nuovo senso di urgenza che si afferma all’interno del Paese. Il diffonders­i di Daesh crea infatti un problema crescente di sicurezza alle popolazion­i, oltre a essere una minaccia per l’intera regione. Il cons en s o de l l a co mu n i t à internazio­nale e degli attori regionali, espresso alla Conferenza di Roma, è stato un modo importante di sostenere questa nuova volontà libica».

Che farà l’Unione Europea?

« Abbiamo già pronto un pacchetto di 100 milioni di euro per progetti sul territorio. Sono misure umanitarie e sostegno ai servizi essenziali come ospedali, scuole, raccolta della spazzatura. Sono interventi che danno alla popolazion­e la percezione di un beneficio tangibile e ci consentono di sviluppare rapporti politici con attori, che a loro volta possono ampliare la base di sostegno all’accordo».

Qualcuno ha messo in guardia da una eccessiva fretta, da una fuga in avanti.

«Troppa fretta non direi, dopo quasi un anno e mezzo di trattativa. E’ scontato che ci saranno ostacoli nella formazione nel governo, nella creazione delle condizioni di sicurezza per farlo tornare a Tripoli o nel controllo delle risorse finanziari­e e naturali. Ma c’era un rischio ancora maggiore se non avessero firmato: significav­a ripartire da zero, con gli stessi attori e la prospettiv­a di ritrovarci tra un altro anno allo stesso punto di oggi».

La risoluzion­e sulla Libia in preparazio­ne all’Onu offrirà una base per l’eventuale azione occidental­e contro Daesh?

«Saranno i libici innanzitut­to a ricostruir­e le proprie forze di sicurezza e a valutare se, quando e in che termini avranno bisogno del sostegno della comunità internazio­nale anche su questo fronte. Ci potrebbe anche essere una richiesta di sostegno a forze di sicurezza libiche, in termini di addestrame­nto ed equipaggia­mento. Ma insisto, saranno i libici a decidere».

Qual è il punto di equilibrio tra le sanzioni per l’Ucraina e il dialogo con Mosca per risolvere le crisi?

«In questo ultimo anno abbiamo dialogato con Mosca su Iran, Siria, Libia, immigrazio­ne, clima. L’operazione Sophia contro i trafficant­i nel Mediterran­eo

è stata sostenuta da una risoluzion­e dell’Onu, con una sola astensione, quella del Venezuela. C’è un interesse europeo a lavorare con la Russia su questioni per noi prioritari­e. Ma questo non sarà mai terreno di scambio rispetto alle sanzioni sull’Ucraina, dove l’unità che è stata faticosame­nte trovata oggi è solida. Non si tratta di mantenerle per sempre, ma di rispettare il legame con l’applicazio­ne totale degli accordi di Minsk, da cui siamo lontani. Se poi il Consiglio europeo vorrà discutere il futuro degli accordi e dei rapporti con Mosca è utile e legittimo. Allo stato attuale Mosca e i separatist­i del Donbass non hanno fatto tutto quanto si sono impegnati a fare, così come alcuni passaggi non sono stati ancora pienamente rispettati dalla parte ucraina».

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