Corsa a quattro nelle urne, sfida tra il nuovo e il vecchio
Oggi in Spagna le elezioni che segneranno la fine del bipartitismo storico tra popolari e socialisti
La vecchia e la nuova Spagna si incontrano e si contano oggi alle urne. Oltre 36 milioni di elettori sono chiamati ad un voto storico che comunque vada — e l’incertezza resta altissima — segnerà una svolta per l’ancor giovane democrazia: la fine del bipartitismo fra i conservatori del Partido Popular e i socialisti del Psoe, che hanno governato a fasi alterne il Paese negli ultimi 40 anni. Per la prima volta, sono protagonisti ben quattro partiti: il Pp del premier Mariano Rajoy, il Psoe guidato da Pedro Sánchez ma anche la nuova sinistra di Podemos, nato sull’onda del movimento degli «indignados», e la formazione di centrodestra Ciudadanos, che Albert Rivera ha saputo trasformare in poco più di un anno da minuscolo partito anti-separatista della Catalogna a possibile ago della bilancia delle future alleanze di governo.
Si vota per eleggere 350 deputati e 206 dei 261 senatori (gli altri 55 sono designati dalle regioni). L’ultimo sondaggio, pubblicato ieri ad Andorra dal giornale El Periòdic — in Spagna sono vietati da lunedì scorso — conferma il Pp in testa con il 26,6% (111115 seggi al Congresso), davanti al Psoe al 20,8% (82-88 deputati), Podemos al 20,1% (70-74) e Ciudadanos al 16% (47-51).
Tra il 20 e il 40% degli elettori, però, sarebbe ancora indeciso: percentuale sufficiente a ribaltare ogni pronostico. Gli incerti potrebbero scegliere il «vecchio», e dare forza ad uno dei due partiti tradizionali, o svoltare verso il «nuovo» e l’ignoto degli anti-casta. Molti giovani avrebbero già optato per gli altrettanto giovani esponenti di Podemos, che si contende fino all’ultimo il secondo posto con il Psoe, mentre Ciudadanos sembra non riuscire a scalfire oltre lo «zoccolo duro» del Partido Popular. Lo stesso Rajoy ha fatto appello al «voto utile» per impedire avventure «pericolose» e gli ultimi sondaggi confermano un lieve calo del partito di Rivera.
Nessun partito pare comunque destinato a raggiungere i 176 seggi della maggioranza assoluta. Benché primo in tutti i sondaggi, il Pp sarebbe ben al di sotto di quei 140 deputati che sono ritenuti la soglia minima per tentare un governo di minoranza. Dopo il Portogallo, così, anche la Spagna si troverebbe costretta a delicate trattative post-voto — che a Lisbona hanno portato al potere una coalizione di sinistra — per dare via libera al nuovo esecutivo. Sempre che non decolli una Grande coalizione alla tedesca, tra Pp e Psoe, per tagliar fuori i «nuovi».