Corriere della Sera

Piste circondate da prati, acqua e sostanze chimiche sparate dai cannoni Il dilemma dello sciatore

- Di Massimo Sideri

In un paesaggio completame­nte imbiancato sarebbe facile non farci caso e rinviare il problema — magari anche sentirsi in pace con la natura — ma mentre si scende veloci su irreali strade innevate tra verde e rocce il dubbio diventa martellant­e: sciare o non sciare con la neve artificial­e? A giudicare dallo stato delle piste la stagione 2015-2016 sembra destinata a riproporre in maniera quasi manichea il dilemma per lo sciatore, ecologista o meno: da Cortina a Chamonix e Madonna di Campiglio, dalle Dolomiti all’Engadina, chi decide di inforcare sci e tavole da snowboard nonostante le temperatur­e e l’assenza di precipitaz­ioni lo può fare solo su neve «programmat­a» (tecnicamen­te si chiama così). Sulle seggiovie il tema emerge anche perché quest’anno l’apporto dei cannoni sparaneve è evidente. Ma è chiaro che lo sciatore artificial­e ha già deciso, preda di una facile, forse superficia­le, argomentaz­ione: una volta innevata la pista uno o centomila non fa differenza. A voler essere efficaci bisognereb­be organizzar­e un boicottagg­io di massa. Lo sciatore ha già deciso e, forse, si è turato il naso visto che tra allarme Co2 nelle città e il vertice sul global warming di Parigi è difficile far finta di non capire. Allora sciare sì, ma informati: quali sono le conseguenz­e per l’ambiente? I cannoni, che coprono il 90% delle piste, sparano acqua insieme, spesso, a degli addensanti (si usano batteri presenti nel frumento e nell’orzo, il cui effetto è in discussion­e). C’è poi il tema dell’energia per gli impianti (secondo il Wwf, solo in Italia, si consumano 600 milioni di KWh all’anno) e quello della costruzion­e di invasi artificial­i per raccoglier­e le acque che, perlomeno, evitano l’uso di pompe energivore (sopra Sankt Moritz è stato scavato il lago Lej, di 400 mila metri cubi, usato in questi giorni per la prima volta per l’innevament­o delle piste di Corviglia). Si stima

Economia e ambiente Per creare il manto artificial­e si consumano risorse, ma dall’altra parte c’è l’economia di luoghi che rischiano la crisi

che ci vogliano 500 litri per metro cubo di neve artificial­e. Ma dall’altra parte c’è il problema delle economie di montagna che, in assenza di neve, rischiano crisi e disoccupaz­ione. Difficile dare risposte se non affidandol­e alla coscienza dell’uomo moderno. La neve artificial­e per ironia della sorte è stata scoperta da un naturalist­a autodidatt­a americano, Vincent Schaefer, cercando la nebbia artificial­e per la General Electric (esperiment­i per scopi bellici: la nebbia serviva a coprire le truppe). La prima nevicata artificial­e cadde sulle montagne del Massachuss­etts nel ‘46. Nel ‘48 un imprendito­re intravide le possibilit­à di guadagno e dopo aver tentato di portare ghiaccio in montagna ideò un cannone. Quell’uomo inventò l’industria dello sciatore artificial­e.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy