Quei dubbi sul colonnello Sora
Boaglio chi? A leggere sul mensile L’alpino le parole di devozione di tante penne nere verso il colonnello Gennaro Sora, il probabile autore della «Preghiera dell’alpino» c’è da tornare a chiederci: ma è così difficile fare i conti col nostro passato meno luminoso? Il punto, contrariamente a quanto alcuni sostengono per scelta di bottega politica, non sono le parole, qui rimosse e là ripristinate, in difesa della «nostra millenaria civiltà cristiana». Né le invocazioni a Dio perché proteggesse «l’amato Sovrano, il nostro Duce». Il contesto era quello. Fine. Il punto è un altro: è serio affermare con marmorea sicurezza che Gennaro Sora, già eroico soccorritore dei superstiti della spedizione di Nobile al Polo Nord del ‘28, non partecipò alla strage di guerriglieri etiopi ma anche di vecchi, donne e bambini alla grotta di Zeret dell’11 aprile 1939 perché non risulta «dalla documentazione conservata all’ufficio storico dello Stato maggiore dell’esercito»? «Ma quegli archivi sono d’una falsità completa!», sorride amaro Angelo del Boca, che ha dedicato una vita a documentare i crimini del colonialismo italiano, «Non è che i nostri militari, quando massacravano donne e bambini lo mettessero a rapporto. Sull’eccidio di Debra Libanos, dove i nostri usarono le truppe islamiche per decimare duemila preti e diaconi e fedeli cristiani, non c’è una riga. Ovvio». Un dettaglio dice tutto. Tra pagine e pagine di difese di Sora non c’è una sola citazione del documentatissimo «Lo sfascio dell’impero» dello storico Matteo Dominioni e men che meno del libro «Plotone chimico» scritto da Giovanni Boaglio, il sergente che piazzò materialmente l’iprite assassina («il Colonnello Sora, con cappello alpino dalla falda completamente abbassata, ci accolse a braccia aperte») e ne fu sconvolto.Obbligati dal gas a uscire fuori gli assediati «a gruppi di una cinquantina alla volta venivano mitragliati e gettati in un profondo crepaccio. (…) Tutta la notte durò la carneficina e si acuì ancora con i primi chiarori dell’alba (…) e la caccia all’uomo si scatenò con furia bestiale». Quanto a donne e bambini «notai su quei poveri corpi lo scempio che l’iprite vi stava menando: grosse vesciche sulle gambe, sui piedi, sulle braccia, sul collo: sinistre e paurose bolle gonfie di veleno le une, flaccide e gocciolanti morte le altre; piccoli, teneri corpicini di bimbi ignari orrendamente piagati…». E gli archivi ufficiali non ne parlano? Chissà come mai…