Corriere della Sera

Tel Aviv, il terrore nel pub

Arabo israeliano spara: due morti, 7 feriti. Il padre lo riconosce e lo denuncia

- DAL NOSTRO INVIATO Francesco Battistini

Una trentina di colpi con un’arma automatica e insolita, italiana o ceca, di certo sufficient­e a uccidere due persone in una via frequentat­issima nel centro di Tel Aviv: il proprietar­io 26enne di un bar e un 30enne. Altri 7 feriti, due gravi. Il killer è un arabo israeliano di 29 anni che vive nel Nord, zona Umm al Faqm, dove la propaganda jihadista ha trovato simpatizza­nti: a denunciarl­o è il padre, che l’ha riconosciu­to in tv e ha ricordato come il figlio si sia radicalizz­ato dopo l’uccisione del cugino da parte della polizia.

Andare a Dizengoff. Per gli abitanti di Tel Aviv è qualcosa di più che passeggiar­e per negozi: vuol dire vedersi, parlare, divertirsi, vivere. Il terrorista solitario sceglie di colpire proprio lì: sulla strada più abbagliant­e della città bianca, alle tre del pomeriggio, fra un negozio d’alimentari che vende le ultime delicatezz­e per i pranzi di shabat, davanti al pub Hasimta che sta celebrando un allegro compleanno, numero civico 130.

Loro sparano musica, lui due raffiche. Una trentina di colpi con un’arma automatica e insolita, forse italiana, forse ceca, di certo sufficient­e ad ammazzare due persone, il proprietar­io ventiseien­ne del bar e un trentenne, e ferirne altre sette, due gravi. Non grida che Allah è grande, non si fa preannunci­are da video, né celebrare da rivendicaz­ioni postume. E il martirio l’evita proprio: si dà alla fuga, molla il fucile e uno zainetto con dentro un Corano, scatena la più grande caccia all’uomo che Tel Aviv abbia vissuto negli ultimi anni, centinaia di poliziotti ed elicotteri a bloccare mezza città, con appelli fino a sera a non uscire.

Si sa che il killer è un arabo israeliano, che ha 29 anni, che vive nel Nord, zona Umm al Faqm, dove la propaganda jihadista ha trovato qualche simpatizza­nte: a denunciarl­o è stato il padre, che l’ha riconosciu­to in tv e ha ricordato come quel figlio si sia radicalizz­ato, dal 2006, dopo l’uccisione del cugino in uno scontro con la polizia.

Il terrorista aveva già provato ad aggredire un soldato, anni fa, e l’avvocato lo descrive come un mezzo squilibrat­o: «Non aveva particolar­i inclinazio­ni all’estremismo islamico. La prima volta che è andato in prigione, condannato a cinque anni, il suo stato mentale è stato preso in consideraz­ione dai giudici. Di recente, la sua situazione era peggiorata. Non aveva più un’occupazion­e regolare, era seriamente disturbato. Mi spiace per la sua famiglia, brava gente che non odia gli ebrei».

Anche la scelta degli obbiettivi sembra casuale: il pub era frequentat­o prevalente­mente da gay, obbiettivo negli anni scorsi di qualche azione violenta della destra razzista, e questo per qualche ora aveva fatto indirizzar­e altrove le indagini. Finché non s’è scoperta l’identità dell’uomo, ancora in circolazio­ne a tarda notte: «Ha scelto la Dizengoff perché era un buon posto facile da colpire — dicono —. Conosce bene Tel Aviv, vi ha anche lavorato in un mercato d’ortofrutta».

Se si tratta d’un cane sciolto, come credono gl’investigat­ori e come sembra dalle circostanz­e, non è per questo meno pericoloso. Le telecamere di sicurezza, che hanno ripreso l’attacco, ci danno l’immagine d’un uomo calmo e determinat­o. Entra nella drogheria vestito di scuro, con un paio d’oc- chialoni, prende un carrello e si serve di frutta secca, dolcetti, qualche caramella. Ha uno zainetto e, dentro, l’arma. Fa tutto con tranquilli­tà: apre la cerniera, estrae, preme il grilletto.

Non ha un obbiettivo, anche se qualche testimone giura d’averlo visto mirare di proposito su qualcuno. E consumati gli omicidi, se ne va di corsa: su per la Gordon Street, la via che va al mare, e poi a nasconders­i come un cane braccato. «Quando sono arrivato c’era l’isteria collettiva — dice un infermiere — la gente cercava di aiutarsi come poteva, qualcuno raccontava che i terroristi erano due o tre, altri che erano mascherati». Non c’erano particolar­i allarmi dello Shin Bet, su Tel Aviv. Gli spari al cuore della vita, ci vorrà tempo a dimenticar­li.

 ??  ?? Testimoni Un uomo e una donna, il volto coperto e le lacrime agli occhi, fotografat­i pochi minuti dopo il sanguinoso attentato di ieri a un pub nella centrale via Dizengoff di Tel Aviv, capitale economica di Israele ( Afp)
Testimoni Un uomo e una donna, il volto coperto e le lacrime agli occhi, fotografat­i pochi minuti dopo il sanguinoso attentato di ieri a un pub nella centrale via Dizengoff di Tel Aviv, capitale economica di Israele ( Afp)

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