Corriere della Sera

Il Colle e quell’esigenza di scongiurar­e il rischio della generazion­e perduta

- di Marzio Breda

Quando hanno cominciato a predisporr­e il set nel salotto di casa, scegliendo gli angoli giusti per luci e inquadratu­re, sistemando bandiere e poltrona, studiando infine la scansione dei tempi, c’è stato chi ha suggerito di esibire in favore di telecamera, magari su un leggio, una copia della Costituzio­ne. Al che Mattarella, già imbarazzat­o dal fervore dei preparativ­i, si è opposto. «Ma no, lasciate perdere, quella ce l’ho nel mio studio e là deve restare… metterla qui sarebbe una finzione, una cosa fasulla».

Un rifiuto che la dice lunga sull’atteggiame­nto con cui il presidente della Repubblica ha affrontato l’altro ieri il primo messaggio di Capodanno agli italiani — tradizione divenuta evento mediatico — e sul suo stesso carattere e stile. Carattere e stile di un uomo poco incline a effetti speciali e montaggi della scena (e pure dei retroscena, peraltro), abituato a parlare lentamente, con tono basso e monocorde ed estraneo a scatti declamator­i, che non vuole apparire diverso da come è. Accorato o appassiona­to, a seconda dei casi, ma senza mascherare le proprie ritrosie e timidezze, del resto trasparent­i dietro lo sguardo mite. Soprattutt­o, senza curarsi granché della «resa» televisiva del suo discorso. Che c’è stata, l’altra sera. Dimostrand­o che, anche nell’epoca della comunicazi­one spettacola­rizzata, semplicità e schiettezz­a possono funzionare.

Quel che i cittadini invece non sanno è l’approfondi­mento attraverso il quale Mattarella ha maturato la scelta di alcuni temi toccati nel messaggio e suggeriti in uno schema, diciamo così, «per lampi» (altrimenti venti minuti non sarebbero mai bastati). Un «non detto» che non riguarda i «silenzi» su banche, esodati e marò, oggetto di recriminaz­ione di certi partiti, perché quelle questioni le ha già affrontate giorni fa.

Prendiamo ad esempio il passaggio sulla disoccupaz­ione e sul futuro delle nuove generazion­i, spia della sensibilit­à sociale di questo presidente. Quando parla del lavoro e delle occasioni di progredire che mancano, problema acuto per i giovani di ambienti svantaggia­ti, specie al Sud, ha in mente il blocco di quella «mobilità sociale» che negli anni 60 e 70 aveva aperto l’accesso all’università, all’epoca non costosa come adesso, a milioni d’italiani fino ad allora esclusi. Effetto, per lui inaccettab­ile, di una crisi ancora non risolta e che rischia di ricacciare le ultime generazion­i alla «periferia» di tutto. Anche se — e nel testo lo riconosce, con sicura gratificaz­ione del premier Renzi — «la condizione economica dell’Italia va migliorand­o e le prospettiv­e paiono favorevoli».

Nella stessa ansia di rigenerare la trama sociale di un Paese diviso e in affanno va interpreta­ta la sua denuncia dei guasti provocati dall’evasione fiscale. Un inedito assoluto, in questo tipo di messaggi. A parlarglie­ne sono stati i vertici di Confindust­ria, quando qualche settimana fa gli hanno presentato al Quirinale un dossier in cui si spiegava come quel nostro «vizio» provochi un danno da 122 miliardi di euro l’anno. Cioè, 7 punti e mezzo di Pil, convertibi­li in «più di trecentomi­la posti di lavoro». Ecco: riflettend­o su questo rapporto causa/effetto, Mattarella si è detto — e l’ha lasciato intendere, a chi doveva capire, come il governo — che la ripresa dovrebbe essere finalizzat­a anche a offrire, con urgenza, strumenti nuovi per superare performanc­e così penalizzan­ti ( magari restituend­o alle imprese parte dei fondi recuperati dall’evasione, purché assumano, s’intende).

Un altro «non detto» riguarda la tutela dell’ambiente, dossier di solito trascurato, ma oggi non più eludibile. Qui il presidente si appella — implicitam­ente — al senso civico degli italiani (una volta, nei paesi, ognuno teneva pulito il pezzo di strada davanti alla propria casa, senza attendere spazzini), che sembra compromess­o anche in aree dov’era proverbial­mente forte, e ai principi della cosiddetta «economia circolare», basata su uno sforzo collettivo, a partire dal riuso dei beni anziché sullo spreco. E nella medesima cornice di impegno civico vanno compresi i riferiment­i alla «questione morale», riaperta dal trauma dei recenti scandali, che hanno visto affiorare gravi inquinamen­ti mafiosi (da quanto non si sentiva pronunciar­e la parola mafia in discorsi del genere?) pure nella sfera politica. Al punto da «imporre» la battaglia per la legalità come la missione di questo settennato. Ora, il capo dello Stato, rincuorato da tanti incontri privati con gente comune schierata su questa trincea a dispetto di ogni rischio, sente di poter esprimersi a nome della «quasi totalità dei nostri concittadi­ni… che credono nell’onestà e pretendono correttezz­a». Anche, se non soprattutt­o, è il suo duro avvertimen­to, «da chi governa, a ogni livello».

Il Sud Il lavoro manca soprattutt­o al Sud Senza una crescita del Meridione, l’intero Paese resta indietro L’ambiente È un problema che a molti e a lungo è apparso soltanto teorico: oggi si rivela concreto e centrale I migranti Occorrono regole comuni per distinguer­e chi fugge da guerre e ha diritto all’asilo e chi va invece rimpatriat­o

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Napolitano
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Corriere della Sera Napolitano 2014
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2015
Mattarella 2015

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