Corriere della Sera

«Dovremo imparare tutti a vivere sotto la minaccia»

L’ex premier belga Di Rupo: le nostre autorità hanno agito bene

- di Francesca Basso

BRUXELLES «In Europa dobbiamo imparare a vivere con la minaccia del terrorismo. Quello che stiamo vivendo in questi giorni non rappresent­erà più un’eccezione in futuro. L’emergenza non è solo a Bruxelles, ma anche a Parigi, Madrid, Monaco, Mosca e in numerose altre città». Elio Di Rupo, 64 anni, è stato il primo ministro del Belgio dal 2011 al 2014, ha portato il Paese fuori dalla recessione economica in due anni e ha gestito momenti politicame­nte complessi. Sa bene cos’è l’immigrazio­ne perché i suoi genitori erano abruzzesi. Ora è presidente del Partito socialista belga e sindaco di Mons, città della Vallonia non distante dal confine francese.

A Bruxelles la tensione è alta. Negli ultimi giorni ci sono stati diversi arresti, alcuni legati agli attentati di Parigi, altri per le minacce di possibili attacchi a fine anno. La festa in centro è stata cancellata.

«Anch’io avrei preso la stessa decisione del sindaco di Bruxelles. Si è trovato davanti questa scelta: fare la festa con i fuochi d’artificio e circa 100 mila persone che si radunano in piazza, oppure decidere di non dare ai terroristi l’opportunit­à di agire. La Grand Place è uno dei luoghi simbolo dove è alto il rischio di attentati. Dobbiamo cambiare la maniera di vivere senza perdere la gioia dello stare insieme, ma non si devono dimenticar­e i rischi che ci sono».

Molti degli arresti e delle perquisizi­oni sono avvenuti nel quartiere di Molenbeek, che sempre più spesso viene indicato come il centro dell’islamismo radicale belga.

«È un errore considerar­e la comunità islamica di Molenbeek come una comunità radicalizz­ata. La maggior parte è

costituita da persone che vogliono vivere in tranquilli­tà. Ci sono i salafiti radicalizz­ati e violenti, ma sono un piccolo gruppo da combattere. Sempliceme­nte a Molenbeek la densità di musulmani è molto più alta. Certo, è emerso che qui c’era la regia degli attentati di Parigi. Ma alcuni dei sospettati fermati per possibili attacchi a fine anno provengono da altre parti di Bruxelles e del Paese. Bisogna lavorare per la deradicali­zzazione di queste persone e deve cambiare la strategia internazio­nale».

In che modo?

«Abbiamo bisogno di agire in modo nuovo. Quando l’America di George W. Bush andò in Iraq sulla base di una bugia, alcuni Paesi come la Francia e il Belgio si rifiutaron­o. Quella guerra fu un errore.

Ora serve una coalizione internazio­nale per andare in Siria e in Iraq per eliminare l’Isis e creare le condizioni di uno sviluppo sociale ed economico. Così come si sta cercando di fare in Libia, dove la leadership dell’Italia sta lavorando per la stabilizza­zione. La strada della pace e della democrazia è sempre la migliore, ma quando non si può si deve intervenir­e. Per distrugger­e l’Isis

L’alleanza Ora serve una coalizione internazio­nale per andare in Siria e in Iraq per eliminare l’Isis

non basterà un’azione militare aerea. È necessaria una coalizione con i Paesi arabi dell’area e noi europei possiamo aiutare con la strategia e la logistica».

Il Belgio si è trovato impreparat­o alla minaccia terroristi­ca?

«Il Belgio è un Paese molto democratic­o e sta adeguando anche i propri strumenti giuridici per affrontare il terrorismo. Inizialmen­te, ad esempio, non si potevano fare perquisizi­oni nel cuore della notte, ora si cambia la legge. Le nostre forze dell’ordine e i servizi sono in stretto contatto con quelli del resto d’Europa e in particolar­e con la Francia. Il Belgio ha la capacità democratic­a per reagire a questa situazione».

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Controlli Due poliziotti ieri mattina all’entrata della stazione centrale di Monaco di Baviera, in Germania ( Reuters)

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