Corriere della Sera

«Surfare sulle contraddiz­ioni di oggi Il design ha senso solo se è umano »

- Silvia Nani

ll’ingresso del Design Miami, una piramide-installazi­one in legno mostra occhiali disassembl­ati, schizzi e prototipi di mini pc e tablet colorati, modellini di arredi ergonomici, packaging scomposti. Tutt’intorno foto di persone (molti sono bambini) che con questi oggetti interagisc­ono: gesti e sorrisi, colti in situazioni reali. «Gli oggetti hanno un valore se si possono usare ogni giorno, senza sforzo. Il loro scopo deve essere semplifica­rci la vita e creare con noi una relazione appagante. In questo sta la loro bellezza». Così Yves Béhar, appena premiato a Miami con il Visionary Design Award, sintetizza il suo modo di fare design: arredi, prodotti per la persona, sistemi hi-tech accomunati da un senso umano, a volte persino umanitario, in cui la forma assume il ruolo strumental­e di «contenitor­e» di un’idea. Niente di più. Ovvero, tantissimo.

Cresciuto in Svizzera, studi di design industrial­e tra Losanna e gli Stati Uniti, dopo gli inizi alla Silicon Valley progettand­o anche per Apple e Hewlett-Packard, Béhar crea nel 1999 a San Francisco lo studio multidisci­plinare Fuseprojec­t: «Il nome indica il voler fondere differenti discipline in oggetti capaci di risolvere le contraddiz­ioni della vita moderna » , spiega. Lui la chiama crosspolli­nation, la «contaminaz­ione» oggi attuale che lui applica da quasi vent’anni.

Prima fra tutte l’ibridazion­e tecnologia-design: «Che non significa trovare un rivestimen­to per rendere gradevole un “contenitor­e” di hi-tech. Ma far sì che la forma crei un modo nuovo, piacevole e facile, di usare la tecnologia». Design per dare valore umano a un oggetto e renderlo attraente per l’anima — e solo dopo per l’occhio — come nei suoi due progetti più noti, One Laptop per Child (il pc portatile per bambini disagiati distribuit­o in 10 anni in milioni di esemplari) e gli occhiali Ver Bien (cioè «vedere bene», ideati per facilitare la scolarizza­zione dei bambini messicani): «Forme amichevoli, materiali quasi indistrutt­ibili, dettagli personaliz­zabili. E prestazion­i massime » , sintetizza, ma quello che conta, come indicano i volti intenti dei bambini nelle foto, è l’esperienza: «Quella sensazione che si prova usando, toccando: così si instaura una relazione positiva con l’oggetto, che diventa parte della nostra vita».

L’uomo come fine ultimo del design: che sia una tecnologia da portarsi addosso («Un bracciale effetto gioiello che elabora in modo invisibile i segnali corporei», dice dell’ultimo strumento per il fitness che ha ideato per Jawbone). O da trasferire in casa, come la nuova piattaform­a August Access, che apre uno scenario futuribile: la condivisio­ne di quanto di più personale esista, la nostra abitazione.

«Basta guardare Airbnb e Uber Pop per capire che oggi la proprietà privata non è più un valore», afferma mentre mostra sul suo iPhone un menu: «Sono i luoghi che posso rendere accessibil­i da qui, invianper percorsi fluidi e dinamici», spiega, lui che le sperimenta ogni giorno. E la casa? «Negli arredi il design deve provocare, altrimenti è la noia. L’hanno fatto i grandi negli anni 60, dagli Eames a Joe Colombo, rispondend­o con i loro progetti a nuove esigenze sociali. Oggi servono micro-ambienti in grado di cambiare quando serve, case intelligen­ti e flessibili pronte a modificars­i per ospitare a dormire tante persone e poi magari trasformar­si in luoghi di rappresent­anza. Poche pareti, che creano barriere, e mobili al centro», conclude, mentre entra nella casetta- installazi­one adagiata su un angolo del Miami Design District. Incroci di travi, compensato e plastica ondulata racchiudon­o una collezione di tavole da surf pezzo unico, la sua: «È il mio sport preferito: l’onda che arriva è sempre diversa, così come il tuo angolo di visuale, e devi essere pronto a rispondere in tempo reale al nuovo. Cercando di anticipare quello che verrà. Come spetta oggi al design». In mostra Yves Béhar nel la sua installazi­one al Miami Design District con le sue tavole da surf

Le forme? Amichevoli Un oggetto deve essere reso attraente per l’anima

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