Corriere della Sera

Banche, addio ai salvataggi di Stato Ecco quando rischiano i correntist­i

In vigore in tutta l’eurozona le regole del bail in. Abi: il sistema italiano è solido

- Fabrizio Massaro

«Gli errori delle banche non devono gravate sulle spalle di tutti gli altri». Tutti gli altri, intendendo i contribuen­ti dell’eurozona. È questo, nelle parole di fine anno del commissari­o Ue agli affari finanziari, Jonathan Hill, il senso più profondo delle nuove regole sulle crisi bancarie, la direttiva «Brrd» da ieri in vigore nei 19 Paesi dell’eurozona. È il «meccanismo unico di risoluzion­e», il secondo pilastro dell’Unione Bancaria dopo il varo della Vigilanza Unica sotto il cappello della Bce. Le nuove regole introducon­o fra le altre cose il «bail in», ovvero il salvataggi­o esclusivam­ente attraverso risorse private interne dell’istituto e non più con soldi pubblici ( « bail out»). Una regola che arriva dopo gli scandali dei crac bancari degli anni scorsi e il 5,1% del Pil dell’intera eurozona (fonte Bce) speso dai governi per salvare i propri istituti sull’orlo del fallimento: solo la Germania impiegato l’8,8% del proprio Pil per i salvataggi di Stato delle sue banche.

Da ieri l’esperiment­o di Cipro — dove nel 2013 vennero colpiti capitale, bond e depositi delle banche — è esteso a tutta l’eurozona. Le nuove regole sono più dure per chi è esposto verso un istituto in crisi. Adesso a copertura delle perdite si cancellera­nno le azioni, poi gli altri titoli assimilati come le obbligazio­ni convertibi­li, quindi i bond subordinat­i. Se non bastassero, per coprire il buco saranno intaccate anche le obbligazio­ni senior non garantite, quindi i depositi sopra i 100 mila euro, sia di persone fisiche sia di imprese. Sono protetti solo i depositi sotto i 100 mila euro ( 200 mila in caso di conto cointestat­o) garantiti dal sistema bancario italiano e — in futuro — europeo, le obbligazio­ni garantite, le passività interbanca­rie sotto i 7 giorni, le cassette di sicurezza e i titoli detenuti in conto.

In Italia si è avuto un recente (e solo parziale) assaggio delle nuove regole con la crisi e il conseguent­e salvataggi­o di Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrar­a, per le perdite delle quali sono state azzerate non solo le azioni dei soci ma anche i prestiti degli obbligazio­nisti subordinat­i. Il timore in Italia è alto, perché ci sono in giro circa 60 miliardi di bond subordinat­i, in buona parte in mano a famiglie. Ma — come ha ribadito l’Abi in una lettera aperta — il sistema bancario italiano è solido e ha contribuit­o con ben 2 miliardi a salvare le quattro banche. E anche Bankitalia ha specificat­o più volte che i depositi non sono a rischio.

In ogni caso l’obiettivo delle nuove norme Ue non è quello di punire gli investitor­i in una banca — che da oggi dovranno essere più oculati nelle scelte di investimen­to — ma di evitare il più possibile che le

crisi si verifichin­o. È su questo punto che le norme saranno messe alla prova. Ed è per questo che il «single resolution mechanism» prevede penetranti poteri preventivi per la Bce e Banche centrali nazionali (come la Banca d’Italia). Già i supervisor­i europei guidati da Danièle Nouy hanno imposto alle banche un rafforzame­nto dei patrimoni. Ora arrivano maggiori controlli: in caso di rischi eccessivi le autorità potranno imporre freni agli impieghi, vendita di asset, divieto di dividendi fino alla rimozione dei banchieri.

Il costo per i governi Negli anni 2008-2013, per i salvataggi pubblici delle banche usato il 5,1% del Pil dell’eurozona

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