Banche, addio ai salvataggi di Stato Ecco quando rischiano i correntisti
In vigore in tutta l’eurozona le regole del bail in. Abi: il sistema italiano è solido
«Gli errori delle banche non devono gravate sulle spalle di tutti gli altri». Tutti gli altri, intendendo i contribuenti dell’eurozona. È questo, nelle parole di fine anno del commissario Ue agli affari finanziari, Jonathan Hill, il senso più profondo delle nuove regole sulle crisi bancarie, la direttiva «Brrd» da ieri in vigore nei 19 Paesi dell’eurozona. È il «meccanismo unico di risoluzione», il secondo pilastro dell’Unione Bancaria dopo il varo della Vigilanza Unica sotto il cappello della Bce. Le nuove regole introducono fra le altre cose il «bail in», ovvero il salvataggio esclusivamente attraverso risorse private interne dell’istituto e non più con soldi pubblici ( « bail out»). Una regola che arriva dopo gli scandali dei crac bancari degli anni scorsi e il 5,1% del Pil dell’intera eurozona (fonte Bce) speso dai governi per salvare i propri istituti sull’orlo del fallimento: solo la Germania impiegato l’8,8% del proprio Pil per i salvataggi di Stato delle sue banche.
Da ieri l’esperimento di Cipro — dove nel 2013 vennero colpiti capitale, bond e depositi delle banche — è esteso a tutta l’eurozona. Le nuove regole sono più dure per chi è esposto verso un istituto in crisi. Adesso a copertura delle perdite si cancelleranno le azioni, poi gli altri titoli assimilati come le obbligazioni convertibili, quindi i bond subordinati. Se non bastassero, per coprire il buco saranno intaccate anche le obbligazioni senior non garantite, quindi i depositi sopra i 100 mila euro, sia di persone fisiche sia di imprese. Sono protetti solo i depositi sotto i 100 mila euro ( 200 mila in caso di conto cointestato) garantiti dal sistema bancario italiano e — in futuro — europeo, le obbligazioni garantite, le passività interbancarie sotto i 7 giorni, le cassette di sicurezza e i titoli detenuti in conto.
In Italia si è avuto un recente (e solo parziale) assaggio delle nuove regole con la crisi e il conseguente salvataggio di Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara, per le perdite delle quali sono state azzerate non solo le azioni dei soci ma anche i prestiti degli obbligazionisti subordinati. Il timore in Italia è alto, perché ci sono in giro circa 60 miliardi di bond subordinati, in buona parte in mano a famiglie. Ma — come ha ribadito l’Abi in una lettera aperta — il sistema bancario italiano è solido e ha contribuito con ben 2 miliardi a salvare le quattro banche. E anche Bankitalia ha specificato più volte che i depositi non sono a rischio.
In ogni caso l’obiettivo delle nuove norme Ue non è quello di punire gli investitori in una banca — che da oggi dovranno essere più oculati nelle scelte di investimento — ma di evitare il più possibile che le
crisi si verifichino. È su questo punto che le norme saranno messe alla prova. Ed è per questo che il «single resolution mechanism» prevede penetranti poteri preventivi per la Bce e Banche centrali nazionali (come la Banca d’Italia). Già i supervisori europei guidati da Danièle Nouy hanno imposto alle banche un rafforzamento dei patrimoni. Ora arrivano maggiori controlli: in caso di rischi eccessivi le autorità potranno imporre freni agli impieghi, vendita di asset, divieto di dividendi fino alla rimozione dei banchieri.
Il costo per i governi Negli anni 2008-2013, per i salvataggi pubblici delle banche usato il 5,1% del Pil dell’eurozona