Nell’incertezza si sceglie meglio quando si adottano regole semplici
Harry Markowitz è un famoso economista americano, noto per avere sviluppato negli anni Cinquanta una teoria che permette di ottimizzare gli investimenti nel campo finanziario. Markowitz in questa teoria mostrava come formare un portafoglio diversificato in grado di misurare il rischio dei vari investimenti per ottenere il rendimento massimo per un determinato rischio. Con questa teoria, per cui ricevette il premio Nobel per l’economia nel 1990, diede inizio all’economia finanziaria.
L’importanza di una teoria con queste ambizioni è evidente. Chiunque, risparmiatore o speculatore, voglia guadagnare dai suoi investimenti sembrerebbe avere in mano uno strumento che lo protegge dal rischio eccessivo e massimizza il suo ritorno economico. Peccato che Markowitz, nel momento di andare in pensione, lasciò da parte le passate ambizioni di ottimizzazione e utilizzò una regola molto meno sofisticata per investire i suoi risparmi: la euristica 1/N. Cosa ci dice questa semplice regola? Se hai un paniere di N titoli, investi il tuo patrimonio in maniera equivalente su ciascuno di essi. In definitiva il fondatore dell’economia finanziaria, nel momento in cui era in gioco il suo patrimonio, non utilizzò la teoria che lo aveva reso celebre, ma una regola che, a tutti noi, a prima vista, sembra un po’ stupida. Ma così non è. Infatti nel 2009 questa regola fu sperimentata contro una dozzina di modelli di allocazione ottimale, tra cui quello di Markowitz. Si presero in considerazione sette tipologie di investimenti d’azioni e il risultato dimostrò la superiorità dell’euristica 1/N sei volte su sette.
Come è possibile tutto ciò? La risposta è contenuta nel lavoro di questi anni di Gerd Gigerenzer e del gruppo di scienziati cognitivi e sociali che si sono riuniti sotto l’egida della Herbert Simon Society il 16 e 17 dicembre a Torino, per parlare di razionalità e complessità. Esso si può riassumere in un concetto: l’incertezza. Prendiamo decisioni su argomenti di cui non possiamo prevedere né quali potranno essere le possibili conseguenze future né attribuire a esse una qualche probabilità. Quando facciamo un investimento finanziario, come quando decidiamo su cosa laurearci o scegliamo una persona come compagna della nostra vita, non possiamo prevedere a cosa andremo incontro. A differenza delle situazioni di rischio, come il gioco alla roulette, in cui conosciamo le possibili alternative e sappiamo dare un peso in termini di probabilità, nella vita reale ciò non è possibile. Per questa ragione ogni pretesa di ottimizzazione rischia di fondarsi sul nulla. Non potendo prevedere la varietà delle conseguenze future, agli ottimizzatori non rimane che basarsi sul passato, rischiando però di fare la fine del famoso tacchino « induttivista » di Bertrand Russell (che tra le previsioni ottimistiche basate sulla qualità della sua vita passata non aveva messo in conto il giorno del Ringraziamento). Come fanno gli ottimizzatori del mondo finanziario, si cerca di costruire modelli sul futuro, facendo inferenze su campioni, tra l’altro inadeguati, del passato (massimo sui 10 anni). E in questo modo si danno pesi alle opzioni future che si rivelano spesso scorretti e che portano a scelte di tipo irrazionale.
Herbert Simon, il padre delle scienze cognitive, aveva ben rappresentato la dimensione dell’incertezza nel concetto di razionalità limitata. La razionalità umana può essere rappresentata dalla metafora di una forbice: la prima lama è quella della nostra mente mentre la seconda è quella dell’ambiente. La nostra mente per decidere usa il più delle volte regole semplici, veloci e frugali chiamate anche euristiche (come quella 1/N).
Queste regole hanno l’obbiettivo di risolvere problemi e raggiungere obbiettivi in un ambiente complesso e incerto. Proprio per l’incertezza del contesto ambientale, spesso, queste euristiche hanno più successo che regole di ottimizzazione e di tipo algoritmico. Da questo punto di vista la razionalità umana non va giudicata limitata, come fanno Dan Kahneman e l’attuale corrente degli economisti comportamentali (tra cui i promotori dell’approccio Nudge alle politiche pubbliche, Richard Thaler e Cass Sunstein), perché non corrisponde ai dettami della teoria economica o del calcolo delle probabilità.
Come spiega Gigerenzer negli ultimi suoi due volumi Simply Rational (Oxford University Press) e Imparare a rischiare (Raffaello Cortina) è proprio l’interpretazione genuina di Simon che ci porta a valutare razionali le decisioni che hanno un valore adattivo, anche se non corrispondono ai requisiti normativi. Le euristiche generano errori ( bias) che non sono però malattie, ma astuzie della ragione. In questo modo la razionalità da patologica, in quanto non corrispondente ai canoni logici, diventa «ecologica», in quanto corrispondente al successo ambientale.