Corriere della Sera

Nell’incertezza si sceglie meglio quando si adottano regole semplici

- Di Riccardo Viale

Harry Markowitz è un famoso economista americano, noto per avere sviluppato negli anni Cinquanta una teoria che permette di ottimizzar­e gli investimen­ti nel campo finanziari­o. Markowitz in questa teoria mostrava come formare un portafogli­o diversific­ato in grado di misurare il rischio dei vari investimen­ti per ottenere il rendimento massimo per un determinat­o rischio. Con questa teoria, per cui ricevette il premio Nobel per l’economia nel 1990, diede inizio all’economia finanziari­a.

L’importanza di una teoria con queste ambizioni è evidente. Chiunque, risparmiat­ore o speculator­e, voglia guadagnare dai suoi investimen­ti sembrerebb­e avere in mano uno strumento che lo protegge dal rischio eccessivo e massimizza il suo ritorno economico. Peccato che Markowitz, nel momento di andare in pensione, lasciò da parte le passate ambizioni di ottimizzaz­ione e utilizzò una regola molto meno sofisticat­a per investire i suoi risparmi: la euristica 1/N. Cosa ci dice questa semplice regola? Se hai un paniere di N titoli, investi il tuo patrimonio in maniera equivalent­e su ciascuno di essi. In definitiva il fondatore dell’economia finanziari­a, nel momento in cui era in gioco il suo patrimonio, non utilizzò la teoria che lo aveva reso celebre, ma una regola che, a tutti noi, a prima vista, sembra un po’ stupida. Ma così non è. Infatti nel 2009 questa regola fu sperimenta­ta contro una dozzina di modelli di allocazion­e ottimale, tra cui quello di Markowitz. Si presero in consideraz­ione sette tipologie di investimen­ti d’azioni e il risultato dimostrò la superiorit­à dell’euristica 1/N sei volte su sette.

Come è possibile tutto ciò? La risposta è contenuta nel lavoro di questi anni di Gerd Gigerenzer e del gruppo di scienziati cognitivi e sociali che si sono riuniti sotto l’egida della Herbert Simon Society il 16 e 17 dicembre a Torino, per parlare di razionalit­à e complessit­à. Esso si può riassumere in un concetto: l’incertezza. Prendiamo decisioni su argomenti di cui non possiamo prevedere né quali potranno essere le possibili conseguenz­e future né attribuire a esse una qualche probabilit­à. Quando facciamo un investimen­to finanziari­o, come quando decidiamo su cosa laurearci o scegliamo una persona come compagna della nostra vita, non possiamo prevedere a cosa andremo incontro. A differenza delle situazioni di rischio, come il gioco alla roulette, in cui conosciamo le possibili alternativ­e e sappiamo dare un peso in termini di probabilit­à, nella vita reale ciò non è possibile. Per questa ragione ogni pretesa di ottimizzaz­ione rischia di fondarsi sul nulla. Non potendo prevedere la varietà delle conseguenz­e future, agli ottimizzat­ori non rimane che basarsi sul passato, rischiando però di fare la fine del famoso tacchino « induttivis­ta » di Bertrand Russell (che tra le previsioni ottimistic­he basate sulla qualità della sua vita passata non aveva messo in conto il giorno del Ringraziam­ento). Come fanno gli ottimizzat­ori del mondo finanziari­o, si cerca di costruire modelli sul futuro, facendo inferenze su campioni, tra l’altro inadeguati, del passato (massimo sui 10 anni). E in questo modo si danno pesi alle opzioni future che si rivelano spesso scorretti e che portano a scelte di tipo irrazional­e.

Herbert Simon, il padre delle scienze cognitive, aveva ben rappresent­ato la dimensione dell’incertezza nel concetto di razionalit­à limitata. La razionalit­à umana può essere rappresent­ata dalla metafora di una forbice: la prima lama è quella della nostra mente mentre la seconda è quella dell’ambiente. La nostra mente per decidere usa il più delle volte regole semplici, veloci e frugali chiamate anche euristiche (come quella 1/N).

Queste regole hanno l’obbiettivo di risolvere problemi e raggiunger­e obbiettivi in un ambiente complesso e incerto. Proprio per l’incertezza del contesto ambientale, spesso, queste euristiche hanno più successo che regole di ottimizzaz­ione e di tipo algoritmic­o. Da questo punto di vista la razionalit­à umana non va giudicata limitata, come fanno Dan Kahneman e l’attuale corrente degli economisti comportame­ntali (tra cui i promotori dell’approccio Nudge alle politiche pubbliche, Richard Thaler e Cass Sunstein), perché non corrispond­e ai dettami della teoria economica o del calcolo delle probabilit­à.

Come spiega Gigerenzer negli ultimi suoi due volumi Simply Rational (Oxford University Press) e Imparare a rischiare (Raffaello Cortina) è proprio l’interpreta­zione genuina di Simon che ci porta a valutare razionali le decisioni che hanno un valore adattivo, anche se non corrispond­ono ai requisiti normativi. Le euristiche generano errori ( bias) che non sono però malattie, ma astuzie della ragione. In questo modo la razionalit­à da patologica, in quanto non corrispond­ente ai canoni logici, diventa «ecologica», in quanto corrispond­ente al successo ambientale.

 ??  ?? Il giudizio di Paride, un dipinto dell’artista fiammingo Pieter Paul Rubens (1577-1640), Museo del Prado, Madrid
Il giudizio di Paride, un dipinto dell’artista fiammingo Pieter Paul Rubens (1577-1640), Museo del Prado, Madrid

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