Simenon, 11 giorni per un romanzo Lo scrittore che non perdeva tempo
La giornata tipo: sveglia alle 6, piscina, passeggio. Poi al lavoro fino a mezzogiorno In serata riceveva medici e psicologi. Ma per letterati e colleghi non era in casa
Perché complicare quello che è semplice? Simenon è stato più di chiunque altro nel Novecento un uomo-romanzo. Inventare personaggi, costruire intrecci, narrare ha costituito il suo modo di esistere. Ha scritto troppo? Il problema non si pone. Si può forse pensare che un pesce sbagli un movimento nuotando? La stessa cosa accade leggendo Simenon: le sue pagine sono come devono essere. Hanno qualcosa di semplice e di necessario. A volerle cosi è stata la natura non un capriccio del talento.
A questo punto è necessario, per chiarezza, aggiungere che esistono due Simenon sotto la pelle d’un solo scrittore. C’è il popolarissimo autore dei Maigret, tradotti in settanta lingue, quindi popolarizzati in non so quante trasposizioni televisive o cinematografiche. Il Commissario del Quai des Orfèvres, armato di pipa e di buon senso, è una medicina. Ha tenuto compagnia a molti di noi, confortandoci, nelle domeniche di pioggia, nei lunghi viaggi in treno, quando l’influenza ci ha costretti a letto. Caro Maigret, grassoccio, casalingo e goloso! Alla fine, dopo aver preso qualche cantonata e aver condotto degli esemplari interrogatori, consegna i colpevoli alle patrie galere. C’è da precisare che i criminali, descritti nei suoi romanzi, non sono mai figli del diavolo, ma dei poveri esseri umani che hanno sbagliato. I delitti, inscenati nei Maigret, non rappresentano nel corpo della società niente di più che un callo sul mignolo d’un piede. «Ahi!» e tutto è finito.
Molto diverso è il Simenon senza Maigret. L’artigiano provetto lascia il posto a un grande scrittore, a un maestro, a un collega dell’inarrivabile Balzac, dell’intrepido Zola. Le vicende, che danno vita ai 25 romanzi selezionati dal «Corriere», sono davvero inquietanti. Scavalcano le convenzioni, presentano situazioni estreme. Non hanno nulla di consolatorio, si leggono d’un fiato e non si dimenticano.
Per il Simenon dei «romanzi duri», come li ha definiti lui stesso, si è fatto il nome di Dostoevskij. In un suo breve saggio Goffredo Fofi ha evocato Camus pensando a come Sim «indaga sulle origini dell’infelicità umana». Esemplare, in questo senso, L’uomo che guardava passare i treni. Sotto gli occhi del lettore, per gradi, un piccolo borghese dall’esistenza anonima viene trasformandosi in uno strangolatore, in un fuggiasco senza tregua, in un aspirante suicida concludendo la sua allucinata avventura umana in un ospedale psichiatrico. L’abisso lo risucchia. Seguirà, in ordine di pubblicazione, La camera azzurra dove la forte scena di letto iniziale coinvolge il lettore al punto da fargli divorare le successive 150 pagine. A garanzia della leggibilità di Sim nel suo Journal André Gide, una delle più apprezzate intelligenze letterarie del XX secolo, fa questa impegnativa confessione: «Ho appena divorato, uno di seguito all’altro, otto libri di Simenon al ritmo di uno al giorno!»
«Romanziere prolifico» si torna sempre a ripetere. È un chiodo fisso. Ecco allora come Montale, dall’alto della sua autorità, racconta il miracolo della produttività simenoniana «Moltiplicate 55 per 2,30 e avrete, se i miei calcoli sono esatti, centoventisei e rotti; tante sono le ore che Georges Simenon impiega annualmente per scrivere cinque romanzi. Ogni romanzo è compiuto in undici giorni e consta quasi sempre, di undici capitoli. Un capitolo al giorno, di circa venti cartelle, scritte a macchina fra le sei e le otto e mezzo del mattino, con poche o punte cancellature. Scaduto l’undicesimo giorno, tre o quattro giorni sono impiegati per la correzione del dattiloscritto. Poi il testo parte e l’autore non rilegge mai più il suo libro».
Solo il genio montaliano poteva trasformare un’arida successione di numeri, ricavati da una scheda biografica, in un semiserio quanto folgorante racconto critico. Simenon ne esce ironicamente vestito della sua leggenda.
D’altronde, quando nel 1971
André Gide «divorava» un libro al giorno Montale calcolò le ore per scrivere ogni storia
mi recai a intervistare Monsieur Best Seller, una delle prime cose che gli chiesi fu di illustrarmi una sua giornata tipo. La risposta, dettatami dalla segretaria che lo seguiva passo passo, fu questa: «Sveglia alle 6. Piscina, passeggio. Lavoro, corrispondenza, telefonate. Quindi colazione alle 12 precise. Letture a sfondo scientifico, conversazione». Simenon, in genere, concludeva la giornata ricevendo prevalentemente medici e strizzacervelli. «Per letterati e scrittori non è mai in casa» furono le parole scelte per concludere quella breve relazione.
Risultato d’una tale disciplina? Settantacinque inchieste di Maigret, oltre cinquecento racconti e centodiciassette romanzi «duri» o «romanzi romanzi» come preferiva definirli l’autore. Dunque un qualcheduno che non ha perduto il suo tempo, regalandoci il piacere di leggerlo e rileggerlo.