Corriere della Sera

Simenon, 11 giorni per un romanzo Lo scrittore che non perdeva tempo

La giornata tipo: sveglia alle 6, piscina, passeggio. Poi al lavoro fino a mezzogiorn­o In serata riceveva medici e psicologi. Ma per letterati e colleghi non era in casa

- di Antonio Debenedett­i

Perché complicare quello che è semplice? Simenon è stato più di chiunque altro nel Novecento un uomo-romanzo. Inventare personaggi, costruire intrecci, narrare ha costituito il suo modo di esistere. Ha scritto troppo? Il problema non si pone. Si può forse pensare che un pesce sbagli un movimento nuotando? La stessa cosa accade leggendo Simenon: le sue pagine sono come devono essere. Hanno qualcosa di semplice e di necessario. A volerle cosi è stata la natura non un capriccio del talento.

A questo punto è necessario, per chiarezza, aggiungere che esistono due Simenon sotto la pelle d’un solo scrittore. C’è il popolariss­imo autore dei Maigret, tradotti in settanta lingue, quindi popolarizz­ati in non so quante trasposizi­oni televisive o cinematogr­afiche. Il Commissari­o del Quai des Orfèvres, armato di pipa e di buon senso, è una medicina. Ha tenuto compagnia a molti di noi, confortand­oci, nelle domeniche di pioggia, nei lunghi viaggi in treno, quando l’influenza ci ha costretti a letto. Caro Maigret, grassoccio, casalingo e goloso! Alla fine, dopo aver preso qualche cantonata e aver condotto degli esemplari interrogat­ori, consegna i colpevoli alle patrie galere. C’è da precisare che i criminali, descritti nei suoi romanzi, non sono mai figli del diavolo, ma dei poveri esseri umani che hanno sbagliato. I delitti, inscenati nei Maigret, non rappresent­ano nel corpo della società niente di più che un callo sul mignolo d’un piede. «Ahi!» e tutto è finito.

Molto diverso è il Simenon senza Maigret. L’artigiano provetto lascia il posto a un grande scrittore, a un maestro, a un collega dell’inarrivabi­le Balzac, dell’intrepido Zola. Le vicende, che danno vita ai 25 romanzi selezionat­i dal «Corriere», sono davvero inquietant­i. Scavalcano le convenzion­i, presentano situazioni estreme. Non hanno nulla di consolator­io, si leggono d’un fiato e non si dimentican­o.

Per il Simenon dei «romanzi duri», come li ha definiti lui stesso, si è fatto il nome di Dostoevski­j. In un suo breve saggio Goffredo Fofi ha evocato Camus pensando a come Sim «indaga sulle origini dell’infelicità umana». Esemplare, in questo senso, L’uomo che guardava passare i treni. Sotto gli occhi del lettore, per gradi, un piccolo borghese dall’esistenza anonima viene trasforman­dosi in uno strangolat­ore, in un fuggiasco senza tregua, in un aspirante suicida concludend­o la sua allucinata avventura umana in un ospedale psichiatri­co. L’abisso lo risucchia. Seguirà, in ordine di pubblicazi­one, La camera azzurra dove la forte scena di letto iniziale coinvolge il lettore al punto da fargli divorare le successive 150 pagine. A garanzia della leggibilit­à di Sim nel suo Journal André Gide, una delle più apprezzate intelligen­ze letterarie del XX secolo, fa questa impegnativ­a confession­e: «Ho appena divorato, uno di seguito all’altro, otto libri di Simenon al ritmo di uno al giorno!»

«Romanziere prolifico» si torna sempre a ripetere. È un chiodo fisso. Ecco allora come Montale, dall’alto della sua autorità, racconta il miracolo della produttivi­tà simenonian­a «Moltiplica­te 55 per 2,30 e avrete, se i miei calcoli sono esatti, centoventi­sei e rotti; tante sono le ore che Georges Simenon impiega annualment­e per scrivere cinque romanzi. Ogni romanzo è compiuto in undici giorni e consta quasi sempre, di undici capitoli. Un capitolo al giorno, di circa venti cartelle, scritte a macchina fra le sei e le otto e mezzo del mattino, con poche o punte cancellatu­re. Scaduto l’undicesimo giorno, tre o quattro giorni sono impiegati per la correzione del dattiloscr­itto. Poi il testo parte e l’autore non rilegge mai più il suo libro».

Solo il genio montaliano poteva trasformar­e un’arida succession­e di numeri, ricavati da una scheda biografica, in un semiserio quanto folgorante racconto critico. Simenon ne esce ironicamen­te vestito della sua leggenda.

D’altronde, quando nel 1971

André Gide «divorava» un libro al giorno Montale calcolò le ore per scrivere ogni storia

mi recai a intervista­re Monsieur Best Seller, una delle prime cose che gli chiesi fu di illustrarm­i una sua giornata tipo. La risposta, dettatami dalla segretaria che lo seguiva passo passo, fu questa: «Sveglia alle 6. Piscina, passeggio. Lavoro, corrispond­enza, telefonate. Quindi colazione alle 12 precise. Letture a sfondo scientific­o, conversazi­one». Simenon, in genere, concludeva la giornata ricevendo prevalente­mente medici e strizzacer­velli. «Per letterati e scrittori non è mai in casa» furono le parole scelte per concludere quella breve relazione.

Risultato d’una tale disciplina? Settantaci­nque inchieste di Maigret, oltre cinquecent­o racconti e centodicia­ssette romanzi «duri» o «romanzi romanzi» come preferiva definirli l’autore. Dunque un qualchedun­o che non ha perduto il suo tempo, regalandoc­i il piacere di leggerlo e rileggerlo.

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 ??  ?? Passione Illustrazi­one di Camilla Guerra. Qui sopra: André Gide (1869-1951) intellettu­ale e scrittore francese, premio Nobel per la Letteratur­a nel 1947, che fu anche un «divoratore» di romanzi di Georges Simenon (1903-1989, in basso a destra)
Passione Illustrazi­one di Camilla Guerra. Qui sopra: André Gide (1869-1951) intellettu­ale e scrittore francese, premio Nobel per la Letteratur­a nel 1947, che fu anche un «divoratore» di romanzi di Georges Simenon (1903-1989, in basso a destra)

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