Corriere della Sera

Berardi, tanti gol e troppi cartellini guida la carica della generazion­e BeBé

- Paolo Tomaselli

La tentazione è quella di chiamarla la generazion­e BeBé, non solo perché i suoi ragazzi immagine si chiamano BErnardesc­hi e BErardi. Ma perché nel nostro calcio sì è considerat­i ancora dei baby a 23-24 anni. E invece la patente della «generazion­e buona» in tasca ce l’hanno già in tanti, il primo traguardo — quello dell’Europeo francese — è vicino, per cui è il momento di accelerare. Conte è stato chiaro nella sua richiesta per lo stage di febbraio: «Voglio capire se i vari Berardi, Sturaro e Bernardesc­hi sono già il presente oppure saranno utili in chiave di preparazio­ne ai Mondiali». Il c.t. avrebbe potuto fare anche altri nomi, da Romagnoli a Rugani, da Cataldi a Benassi, fino alle sorprese più recenti, Masina del Bologna e Goldaniga del Palermo. Ma è chiaro (ed è giusto) che si facciano le cose per gradi.

E quindi oltre a Bernardesc­hi, ecco Stefano Sturaro, 23 anni il 9 marzo, 30 partite con la Juventus (e 31 col Genoa), compresa una semifinale «a sorpresa» in Champions contro il Real. Il sanremese è spesso accostato a Gattuso per grinta e intensità, ma anche per i modi spicci (un cartellino ogni due partite e mezzo) e a giugno all’Europeo Under 21 ha messo nei guai la squadra di Di Biagio, facendosi espellere nel finale della partita contro la Svezia, poi persa.

Domenico Berardi ha lo stesso difetto: lui di cartellini in A ne ha già colleziona­ti 27 gialli e 3 rossi (uno ogni due partite). Ma un po’ meglio ha fatto coi gol che sono già 33 (in 71 partite): niente male per questo calabrese fumantino, ma esplosivo e tecnico, che il Sassuolo ha scoperto per caso su un campetto mentre era a Modena per trovare il fratello universita­rio.

Da sinistra, Domenico Berardi, 21 anni, attaccante del Sassuolo, 33 ma anche 30 cartellini (3 rossi) in serie A; Stefano Sturaro, 23, sta scalando le gerarchie della Juve; Danilo Cataldi, 21, si sta affermando alla Lazio (Forte, LaPresse)

Berardi è nato a Cariati Marina (1 agosto 1994) una dozzina di giorni dopo il rigore sbagliato da Baggio contro il Brasile a Pasadena nella finale del Mondiale. Daniele Rugani (29 luglio 1994, Lucca), da buon centrale difensivo lo ha anticipato di poco. Ma rispetto al collega di reparto Alessio Romagnoli (Anzio, 12 gennaio 1995) ha ceduto qualche metro: solo 3 presenze

con la Juventus fino a qui, dopo la stagione dorata di Empoli (a proposito, per lui 0 cartellini). Mentre il milanista, fedelissim­o di Mihajlovic, ha presto superato le discussion­i sul prezzo a cui è stato comprato dalla Roma (25 milioni).

Anche a centrocamp­o la concorrenz­a verso il futuro prossimo sembra alta. Danilo Cataldi (Roma, 6 agosto 1994) ha giocato con Bernardesc­hi a Crotone e come lui ne è uscito di slancio, facendosi trovare pronto alla prima stagione con la Lazio (16 presenze). L’anno della riconferma procede forse più lentamente del previsto (8 gare, ma 5 in Europa League) ma tutto serve a crescere.

E lo sa bene un altro pezzo pregiato della meglio gioventù, Marco Benassi (Modena, 8 settembre 1994), 64 presenze in A con Inter, Livorno e Torino. Nello scorso campionato a 13 secondi dalla fine del derby con la Juve, perse un pallone che Andrea Pirlo fece in tempo a trasformar­e nel gol della vittoria bianconera: un brutto colpo, ma incassato molto bene. Perché questi BeBé hanno già gli anticorpi per battere il peggiore dei virus, quello degli sbalzi (pesanti) d’umore.

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