140 Innerhofer, magliette e milioni di clic per l’impresa da Superman
km orari La velocità alla quale andava l’azzurro in quel punto
«Scusi? Chi ha fatto palo?». Se lo chiedeva Fantozzi, ma adesso la clip del film e la frase di culto sono state adattate al crash di Christof Innerhofer contro una porta, martedì nella discesa di Santa Caterina Valfurva. Dopo il fatto, storico, inedito e difficilmente ripetibile, ecco la scia del trionfo mediatico. Va ben oltre quello sportivo, come noto mancato di poco: pur scendendo con un palo penzolante dietro la schiena e con il drappo della porta incastrato nell’elastico degli occhiali, l’azzurro ha sfiorato la vittoria e ha perso il podio per 7 centesimi.
Il boom virale del filmato, le foto, i tweet, gli sms e messaggi di ogni razza e tipo in una manciata di giorni hanno costruito il mito reale e multimediale di un fenomeno del quale solo ora SuperInner percepisce i confini. Alla fiaccolata di fine anno e ieri mattina, durante lo struscio nelle prime ore del 2016, nuovo bagno di entusiasmo: «La gente mi ferma per strada e non mi dice nemmeno “peccato che non hai vinto”. No, continua a ricordarmi quei cinquanta secondi speciali, che mi fanno trasformare il negativo in positivo: ho perso un’occasione, ma ho fatto una cosa unica».
Solo il video di Eurosport ha registrato 1 milione e 700 mila clic, punta avanzata di una mania per il Batman delle nevi che ha scatenato il merchandising: una ditta tedesca che segue pure Inner ha realizzato la T-shirt «Superman Innerhofer». E perfino Giorgio Armani sta valutando di valorizzare quanto ha combinato uno dei suoi testimonial. «Sono tutte iniziative per i tifosi — precisa Christof —: il mio ritorno sta nell’essere entrato nella storia, perché se mai qualcun altro mi imiterà, sarà comunque secondo rispetto a me. Penso anche che noi atleti di oggi siamo più avvantaggiati dei colleghi del recente passato, incluso perfino un Alberto Tomba: Internet e i social network dilatano la nostra popolarità».
Intanto foto più precise spiegano meglio l’idea dell’impresa: a 140 orari, Innerhofer si è trovato «con l’occhio destro che vedeva nero perché coperto dalla gommapiuma dell’occhiale e con il sinistro che vedeva bianco perché sferzato dall’aria. Eppure mi sono detto: non risalire, vai diritto. Volevo vincere». Lo rifarebbe? Certo. «So che è stato pericoloso, ma la determinazione è la colonna sonora della mia carriera».
Il motto «non mollare mai» gli ha così fatto scoprire che a volte si può vincere anche quando si perde.