Rivolta sciita contro l’Arabia
Riad giustizia un imam. Teheran: pagherete caro. Assaltata l’ambasciata
Escalation di violenze tra sciiti e sunniti dopo che in Arabia Saudita è stato giustiziato l’imam Nimr al Nimr, un personaggio molto noto, considerato tra gli esponenti più rilevanti della minoranza sciita (circa il 25% dei sauditi). Durissima la reazione di Teheran contro Riad: pagherete caro. Proteste degli sciiti sono esplose in Bahrein e in Iran, dove in nottata è stata assaltata l’ambasciata saudita a Teheran con molotov e saccheggi. Gli Usa: dalle esecuzioni il rischio di un’impennata delle tensioni in Medio Oriente.
Si fa sempre più serrato il braccio di ferro tra sunniti e sciiti nell’universo islamico già destabilizzato. L’esecuzione di un leader sciita a Riad fa scattare nuove tensioni. Teheran minaccia. Alcuni manifestanti iraniani hanno dato fuoco al consolato saudita a Mashad, nel Nordest dell’Iran. È solo l’inizio: in serata saccheggiata e bruciata anche l’ambasciata saudita nella stessa Teheran.
È scontro di religione, che più diventa duro più aizza gli oltranzisti. Ma è anche confronto aperto tra le potenze regionali che aspirano a guidare i due campi contrapposti: l’Arabia Saudita sunnita e l’Iran sciita. L’ultima fiammata arriva dal cuore della penisola arabica, dove la monarchia degli Al Saud annuncia l’esecuzione capitale di 47 prigionieri accusati di «terrorismo». Alcuni sono militanti sunniti di Al Qaeda. Però in grande maggioranza risultano attivisti delle rivolte scoppiate nel 2011 nelle province orientali del Paese. E tra loro spicca il nome dello sceicco Nimr al Nimr.
Un personaggio molto noto, considerato tra gli esponenti più rilevanti della minoranza sciita (circa il 25% dei sauditi). La sua importanza deriva anche dal legame a filo doppio con gli ayatollah iraniani. La polizia saudita lo aveva individuato nell’estate di 5 anni fa come «pericoloso sobillatore» nelle zone più ricche di pozzi petroliferi. Al suo arresto nel 2012 Teheran chiese che la sua incolumità venisse protetta dalle organizzazioni internazionali per i diritti umani, specie dopo che emersero voci circa violenze e torture ai suoi danni. L’arresto successivo del 17enne nipote Ali mantenne viva l’attenzione sul suo caso.
Inevitabilmente la morte di al Nimr diventa casus belli. Il gran Mufti saudita, sceicco Abdulaziz al Sheikh, la difende d’ufficio, ribadendo che è coerente alla legge islamica e garantisce la sicurezza nazionale. «È stata un atto di compassione nei confronti dei prigionieri, visto che ora non potranno più commettere atti diabolici», dichiara. E la monarchia fa quadrato contro ogni «interferenza esterna». I leader sono sulla difensiva. L’anno scorso le condanne a morte sono state oltre 150, in stragrande maggioranza attivisti sciiti. Ma è dal 2003, con l’invasione Usa dell’Iraq, che il regime saudita si sente sotto attacco, gli antichi equilibri regionali sconvolti, la vecchia alleanza con Washington sempre più incrinata. E oggi gli sciiti appaiono in espansione. L’Iran sostiene il regime siriano con la collaborazione della Russia, in Iraq i sunniti sono in ritirata. Riad reagisce intervenendo in Yemen, creando una grande coalizione di Stati sunniti, dando armi alle milizie sunnite in Siria e ai partiti fratelli in Libano. A Bagdad aveva riaperto negli ultimi giorni la propria ambasciata chiusa da 25 anni, ma ora le accuse del governo sciita iracheno contro le esecuzioni rischiano di bloccare l’apertura diplomatica. Anche il rapimento a metà dicembre da parte delle milizie sciite irachene di 26 cacciatori sunniti, tra cui alcuni principi del Qatar, è termometro delle tensioni.
La crisi è dettata dall’intensificarsi delle proteste contro l’esecuzione. La Guida Suprema iraniana Ali Khamenei su Twitter la condanna annunciando che «il risveglio sciita è insopprimibile». Il ministero degli Esteri di Teheran annuncia che Riad «pagherà a caro prezzo l’assassinio di al Nimr». Non è escluso che per rappresaglia l’Iran decida l’esecuzione di alcuni dei 27 sunniti condannati a morte (circa mille le pene capitali nel 2015). Toni rabbiosi dalla milizia sciita libanese dell’Hezbollah. In Iraq il leader sciita Moqtada al Sadr invita alla mobilitazione. E le manifestazioni di ostilità si allargano al mondo musulmano non arabo. A Srinagar, nel Kashmir indiano, attivisti sciiti sono scesi in piazza. Anche la responsabile della politica estera Ue, Federica Mogherini, ha espresso la condanna di principio contro la pena di morte.