Corriere della Sera

Etruria, causa da 300 milioni agli ex manager

Il commissari­o liquidator­e prepara l’azione di responsabi­lità nei confronti delle passate gestioni Si stimano danni per quasi 300 milioni di euro. Il nodo della destinazio­ne dei risarcimen­ti

- di Fabrizio Massaro

Un’ azione di responsabi­lità contro i vecchi amministra­tori di Banca Etruria. Corredata da una richiesta di danni da quasi 300 milioni di euro, da far partire quanto prima. Su questo lavo r a il commissari­o liquidator­e dell’istituto ormai defunto.

Un’azione di responsabi­lità contro i vecchi amministra­tori della Banca Etruria. Una richiesta di danni da centinaia di milioni di euro, da far partire quanto prima. È su questo fronte che sta lavorando il commissari­o liquidator­e della defunta Banca Etruria, la società, ormai priva della licenza bancaria, residuata dopo la risoluzion­e disposta dalla Banca d’Italia. In gergo viene chiamata «residual entity» e rappresent­a ciò che giuridicam­ente è rimasto dopo la separazion­e delle attività conferite alla «good bank» — la Nuova Banca dell’Etruria presieduta (come le altre tre banche salvate) da Roberto Nicastro — e dei crediti in sofferenza girati alla «bad bank», Rev, alla cui presidenza è stata chiamata l’ex magistrato Livia Pomodoro.

Dal 9 dicembre la «residual entity» Banca Etruria è in liquidazio­ne

In tribunale Le richieste nelle cause contro gli ex vertici di Banca Marche e CariFe sono pari a 400 milioni

coatta amministra­tiva. Commissari­o è stato nominato l’avvocato Giuseppe Santoni, affiancato dal comitato di sorveglian­za composto da Antonio Pironti (presidente), Toni Atrigna e Andrea Guaccero. Saranno questi gli organi che porteranno avanti l’azione di responsabi­lità, forse il più importante compito della procedura. È un passaggio tecnico finora poco considerat­o ma che potrebbe avere significat­ivi risvolti per i risparmiat­ori che hanno visto bruciati i loro investimen­ti nei titoli Etruria.

Se è vero infatti che le «good banks» hanno ereditato tutte le azioni civili, sia attive sia passive, già avviate al momento della messa in risoluzion­e lo scorso 22 novembre, restano invece in capo alla residual entity tutte le azioni attive e passive non ancora intentate. Tra queste, in particolar­e, le cause di responsabi­lità a carico dei vecchi manager e consiglier­i.

Nelle azioni già promosse contro gli ex vertici di Banca Marche e CariFerrar­a, le richieste di risarcimen­to ammontano a circa 400 milioni totali. Quelle per Banca Etruria dovrebbero avere una magnitudo simile: secondo stime approssima­tive, le richieste potrebbero essere superiori a 200 milioni, forse vicine ai 300 milioni.

Per arrivare a presentare le carte in tribunale mancano però due passaggi tecnici non da poco. Innanzitut­to l’individuaz­ione, da parte di un perito nominato dalla procedura, delle operazioni di mala gestio che hanno portato al dissesto dell’istituto. Episodi di prestiti facili, presunti conflitti di interesse tra consiglier­i e titolari di società affidate, impieghi al di fuori del territorio senza controlli efficaci sono stati evidenziat­i nelle ispezioni della Banca d’Italia e riportati in questi giorni dalle cronache. Complessiv­amente Banca Etruria è crollata sotto 2 miliardi di sofferenze e 800 milioni di crediti deteriorat­i che ne hanno distrutto l’intero patrimonio.

Il secondo passaggio spetta alla Banca d’Italia, che deve dare il via libera all’azione. Altro elemento fondamenta­le sarà l’individuaz­ione dei soggetti contro cui promuovere la causa. La selezione dei personaggi da aggredire — eventualme­nte anche con dei sequestri — non è cosa da poco. Come spiegano fonti a conoscenza del dossier, si vuole puntare su soggetti capienti, per cercare di recuperare effettivam­ente almeno parte del danno subìto. Al momento del commissari­amento, nel febbraio 2015, presidente dell’istituto era Lorenzo Rosi, con vicepresid­enti Pier Luigi Boschi — padre del ministro delle Riforme Maria Elena Boschi — e Alfredo Berni. Il direttore generale era Daniele Cabiati, subentrato nell’agosto 2014 a Luca Bronchi. Fino al 2014 l’istituto era stato retto dallo storico presidente Giuseppe Fornasari. E Bankitalia, che ha sanzionato i membri del consiglio con 2,5 milioni di euro di multa, ha criticato fortemente la «commission­e consiliare informale» che ha guidato l’Etruria negli ultimi anni.

Anche la good bank è al lavoro sulla preparazio­ne delle cause, fornendo al commissari­o tutta la documentaz­ione necessaria, come ha spiegato di recente Nicastro al Corriere della Sera: «Il desiderio di giustizia è molto presente nelle nuove banche e per questo valuteremo la costituzio­ne di parte civile nelle azioni che potranno emergere. Noi ci consideria­mo parte danneggiat­a». Tuttavia lo stesso Nicastro sottolinea­va un punto ancora da chiarire: a chi andranno i soldi in caso di condanna? «Si tratta

di una procedura applicata per la prima volta in Europa», ha spiegato, «il mio auspicio è che l’interpreta­zione della direttiva e del decreto permettano di orientare i frutti delle azioni di responsabi­lità a beneficio dei risparmiat­ori».

Secondo alcune interpreta­zioni, i capitali recuperati con le cause potranno rientrare tra i beni da ripartire. Di conseguenz­a i creditori che si iscrivono al passivo della «residual entity» potrebbero sperare di recuperare qualcosa dalla liquidazio­ne. Ma come la stessa Banca d’Italia specificav­a nella nota esplicativ­a delle risoluzion­i, lo scorso 22 novembre, nelle «residual entity» sono state confinate le perdite della banca e la loro copertura, che saranno «recuperabi­li forse in piccola parte». In ogni caso, per i casi più gravi di risparmio tradito resta la soluzione dell’arbitrato e del fondo di solidariet­à da 100 milioni disposto dal governo.

Le «good banks» Nicastro ha annunciato che le nuove banche si costituira­nno parte civile

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