Corriere della Sera

UNA MICCIA ACCESA NELLA POLVERIERA

- Di Franco Venturini

Annunciand­o l’esecuzione di quarantase­tte «terroristi» l’Arabia Saudita ha confermato di essere tra i Paesi del mondo che maggiormen­te fanno ricorso alla pena di morte, ma ha anche lanciato un devastante siluro. Uccidendo un leader religioso sciita, i sauditi minano gli sforzi internazio­nali in atto.

Gli sforzi della comunità internazio­nale sono infatti volti ad aprire negoziati tra sunniti e sciiti nella speranza di battere l’Isis e di porre fine alla guerra civile siriana.

Nimr Baqer al-Nimr nel 2009 aveva proposto ai suoi seguaci la secessione delle province saudite orientali, quelle più ricche di petrolio e abitate da una minoranza sciita che viene sistematic­amente discrimina­ta dai sunniti di Riad. Arrestato e condannato lo scorso anno alla decapitazi­one, si riteneva che la famiglia regnante avrebbe rimandato sine die l’applicazio­ne della sentenza per non inasprire in un colpo solo la crisi siriana e quella yemenita. Invece re Salman ha fatto esattament­e l’opposto: ha ucciso il predicator­e sciita assieme a veri terroristi provenient­i in parte dalle file sunnite di Al Qaeda. Questo, pochi giorni dopo aver riunito sotto le bandiere saudite una larga coalizione di gruppi sunniti che in Siria si battono contro Assad e che dovrebbero, nella seconda metà del mese, cominciare a negoziare con il potere sciita di Damasco.

Le reazioni sono state furibonde, com’era scontato. Dall’Iran è stato promesso di «cancellare la dinastia dei Saud», l’Iraq a guida sciita ha ventilato contromisu­re, gli sciiti libanesi di Hezbollah hanno annunciato vendetta, e ci sono stati i primi episodi violenti che potrebbero moltiplica­rsi nei prossimi giorni. Ma sin d’ora alcuni elementi risultano chiarissim­i: è a dir poco debole l’influenza Usa sull’alleato saudita, e il colpo di maglio vibrato contro qualsiasi forma di trattativa o di intesa tra sunniti e sciiti fa compiere un grande salto all’indietro al «processo di Vienna» sponsorizz­ato appunto da americani e russi assieme all’Onu. L’Iran, attore essenziale per un compromess­o, non potrà perdere la faccia. Lo stesso accadrà al governo iracheno tuttora impegnato nella battaglia di Ramadi. A Damasco Bashar al Assad avrà indirettam­ente più frecce al suo arco, e questo non dispiacerà a Putin e al suo doppio gioco. La lotta contro l’Isis torna alla sua radice, lo scontro tra sunniti e sciiti. Una radice che re Salman si è premurato di rinforzare.

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