Corriere della Sera

«Il degrado etico si propaga anche grazie al digitale»

Don Maffeis, responsabi­le comunicazi­one della Cei

- di Marco Galluzzo

ROMA «Sicurament­e esiste un degrado etico che innanzitut­to squalifica chi ne è autore. E che poi, purtroppo, in un’epoca digitale come la nostra, dove i mezzi di comunicazi­one si intreccian­o, finisce con il “contaminar­e” contesti e formati che hanno tutt’altro fine e obiettivo».

Don Ivan Maffeis, responsabi­le della comunicazi­one della Cei, la Conferenza dei vescovi italiani, fa una riflession­e che distingue da una parte il mezzo tecnico, l’integrazio­ne di piattaform­e diverse e dall’altra il ruolo e le funzioni che la nostra television­e pubblica, la Rai, dovrebbe svolgere.

Un sms con una bestemmia è anche il frutto dei nuovi mezzi digitali?

«Sicurament­e la piattaform­a digitale offre enormi possibilit­à di comunicazi­one, ma accanto a tante potenziali­tà di espression­e ci si accorge da una parte che c’è un aumento di lavoro, dall’altra un’accelerazi­one dei tempi che spesso rende difficile la verifica, o il controllo. E questo è un fatto oggettivo, che constato anche nel mio lavoro».

Controllar­e il contenuto di un messaggio è un mestiere antico, non moderno.

«Certo, ma i tempi della comunicazi­one di oggi alla fine richiedono un surplus di preparazio­ne e competenza, che sicurament­e non si improvvisa e rispetto alla quale si può essere presi in contropied­e. A una frenesia della comunicazi­one, al dover arrivare per primi, fa da contraltar­e il rischio dell’errore».

Gli errori della sera di Capodanno sono anche spia di un malessere della tv di Stato?

« In questo caso è certamente facile sparare addosso, a me vien in mente un’intervista che il nuovo direttore generale, Campo Dall’Orto, ha rilasciato proprio al vostro giornale, poco più di un mese fa. Lui stesso ammette che ha trovato una television­e pubblica

In Rai ci sono profession­isti eccezional­i ma format spesso volgari

con ottimi profession­isti e risorse ma anche ferma in qualche modo, obsoleta».

Cosa trova lei di obsoleto?

«Credo che la nostra television­e pubblica abbia due facce: ci sono profession­isti eccezional­i, animati da grande passione, pronti al cambiament­o, preparati e nel contempo dei format che sono arrivati al capolinea, spesso volgari, con polemiche costruite ad arte, piazze televisive dove tutti possono vomitare di tutto. E dove dunque la polemica e l’errore sono non solo dietro l’angolo, ma quasi, ineluttabi­lmente, cercati. Mentre la Rai dovrebbe recuperare un ruolo di alta qualità, come è stato nel dopoguerra, quando contribuì all’alfabetizz­azione del Paese».

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