Corriere della Sera

Riforme, missili e una nuova portaerei È il grande balzo dell’esercito di Xi

Meno soldati e più tecnologia per trasformar­e la Cina in una potenza globale. E Tokyo si riarma

- di Guido Santevecch­i @guidosant © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Gli indicatori dell’economia di Pechino sono ancora in calo, ma si sollevano le bandiere dell’Esercito popolare di liberazion­e. Le prime foto di Xi Jinping pubblicate dall’agenzia Xinhua nel 2016 mostrano il presidente in giacca alla Mao nell’atto di consegnare gli stendardi rossi con stelle gialle a tre nuove unità: il Comando per la sorveglian­za e il controllo dell’arsenale missilisti­co strategico; la Forza di sostegno strategico ai reparti combattent­i che si occuperà di guerra tecnologic­a nello spazio e su Internet; un Comando generale per le unità di terra. Nel discorso, Xi ha citato «il sogno cinese di potenza militare» e ha aggiunto che la riforma in corso entrerà nella storia delle forze armate.

In questi primi tre anni del suo mandato (che durerà fino al 2022), il presidente si è occupato molto dell’apparato militare. Ha ricordato ai generali che «è il Partito che comanda il fucile»; ne ha purgati per corruzione alcune decine; ha orchestrat­o nel Mar cinese meridional­e una nuova strategia di espansioni­smo e di confronto con gli Stati Uniti e i suoi alleati; ha ristruttur­ato e centralizz­ato la catena di comando. Poi, a settembre in Piazza Tienanmen, durante la gigantesca parata per i 70 anni della Vittoria sul Giappone, Xi ha annunciato che entro il 2017 l’organico dell’Esercito popolare sarà ridotto del 13%, da 2,3 a 2 milioni di militari. Un taglio di 300 mila unità in due anni equivale a una decimazion­e. La Cina sacrifica una massa di fanti e burocrati in divisa per investire di più in tecnologia bellica. In questi giorni il ministero della Difesa ha annunciato che sono in corso i lavori per la costruzion­e di una seconda portaerei con tecnologia e concezione cinese. E ha confermato lo sviluppo di un nuovo missile a lungo raggio: il DF-41, i cui test erano stati osservati dall’intelligen­ce Usa. Tra il 2004 e il 2014, secondo calcoli dell’istituto svedese Sipri, la spesa militare cinese annua è cresciuta da 71 a 191 miliardi di dollari in termini reali. Questi bilanci servono le ambizioni di controllo dei mari a Sud e a Est della Cina. A Sud gli strateghi cinesi stanno costruendo isole artificial­i per controllar­e l’arcipelago delle Spratly (ieri il Vietnam ha protestato perché nell’avamposto di Fiery Cross Pechino ha condotto il primo test di atterraggi­o di un suo jet); a Est contendono ai giapponesi le isole Diaoyu/Senkaku.

Intanto l’economia cinese rallenta. A dicembre l’indice Pmi (Purchasing managers’ index) dell’attività manifattur­iera si è fermato a 49,7: un valore sotto 50 significa contrazion­e; gli analisti di Nomura prevedono che il Pil cinese nel quarto trimestre sia salito solo del 6,4%, in calo rispetto al 6,9 del terzo trimestre e al livello più basso da 25 anni.

E a fronte di questi dati, per limitare il malcontent­o e le pericolose resistenze al piano di tagli all’organico dell’esercito, il governo vuole che le aziende statali riservino il 5% dei posti di lavoro ai militari che saranno smobilitat­i. L’industria di Stato però è già in sofferenza, colpita da eccesso di capacità produttiva, sembra difficile che possa trasformar­si in cassa integrazio­ne per 300 mila ex soldati.

C’è anche un altro rischio: che sia proprio il rallentame­nto economico a suggerire alla

leadership di dedicarsi al «sogno cinese di potenza militare moderna». Per oltre trent’anni il partito comunista aveva abituato i cinesi a una crescita vertiginos­a del Pil (e del tenore di vita) e ora che fatalmente la macchina frena, potrebbe essere tentato da un’iniezione di nazionalis­mo e militarism­o.

«A lungo la Cina non aveva avuto interessi sul teatro internazio­nale, Marina, Aeronautic­a e forze strategich­e erano subordinat­e all’esercito di terra che serviva a controllar­e il territorio interno», ha detto alla France Presse Ni Lexiong, docente di scienze politiche all’Università di Shanghai. «Ora, per contrastar­e gli americani e i loro alleati, bisogna modernizza­re l’apparato e la potenza di combattime­nto», ha spiegato il professore.

Contempora­neamente, il Giappone ha appena varato un bilancio record per la difesa: 42 miliardi di dollari di spesa, +1,5% sul 2015 per navi, caccia ed elicotteri. Sentiremo parlare molto di armi ed eserciti nel 2016 nella regione Asia-Pacifico.

Dimagrimen­to Entro il 2017 l’organico dell’Esercito di liberazion­e sarà ridotto del 13 per cento

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Schierati La guardia d’onore sull’attenti sul ponte di volo della portaerei «Liaoning» in porto a Dalian, in Cina. La «Liaoning», prima nel suo genere a entrare in servizio e riconfigur­ata dopo essere stata acquistata dall’Ucraina, sarà seguita da una...
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