Corriere della Sera

Jennifer, la psicologa che insegue gli hacker

Americana, 48 anni, non ha studiato informatic­a: la sua arma contro il «cyber crime» è conoscere la mente

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La minaccia è scaltra, si manifesta in tanti modi. Un impiegato di una banca posta su Facebook la foto del luogo dove si trova in vacanza. Un gesto semplice, di svago. Qualcuno mette il «mi piace» sotto l’immagine della spiaggia o della montagna, ma le sue intenzioni non sono amichevoli. Sa che la persona non è a casa e decide di fare una visita per impossessa­rsi di oggetti, magari di dati legati al lavoro della vittima. Informazio­ni che potranno poi essere usate da un hacker per organizzar­e un’infiltrazi­one all’interno di un istituto finanziari­o.

L’episodio citato è uno di quelli considerat­i da chi deve proteggere conti e clienti. Lavoro complicato perché il cyber crime è in crescita, alcune stime fissano a 500 miliardi di dollari i costi provocati dai banditi invisibili ma reali. Contro di loro si muovono task force, agenti, apparati. Uno di questi è diretto da Jennifer Spratley, 48 anni, americana, una delle responsabi­li anti-frode della Well’s Fargo. La sua storia è particolar­e perché nel background non c’è una conoscenza tecnica specifica.

Jennifer non è un ingegnere e neppure una maga dei computer. Ha studiato comunicazi­one e psicologia legata al Cacciatric­e Jennifer Spratley, 48 anni mondo degli affari, aspetti dove è la persona il focus e non una macchina, un pc, un portatile, la rete che avvolge ogni aspetto. Il non essere esperta non le ha impedito però di assumere l’incarico e di ottenere risultati con una ricetta che è alla base di tutto: il lavoro di squadra unita alla decisione nelle mosse. Un buon leader non deve sapere tutto — è la tesi della Spratley —, l’importante è che sappia guidare le persone che gli stanno attorno, deve comprender­e la loro missione e le attitudini dei collaborat­ori.

«A volte mi sono sentita incerta, insicura davanti a certi problemi — ha ammesso Jennifer — ma il responsabi­le della divisione tecnica mi ha sempre rassicurat­o dicendo: “È un bene, perché puoi vedere le situazioni con un occhio diverso, fai delle domande, vuoi capire meglio”» . Ossia va oltre l’approccio dello specialist­a che, ovviamente, è indispensa­bile nell’individuar­e le contromisu­re. Insieme alle «armi» di difesa serve però la consapevol­ezza dei pericoli, sempre più ampi.

Per questo il messaggio — come ha spesso insistito Jennifer Spratley — deve essere trasversal­e, riguarda i vertici di una banca come l’ultimo dei dipendenti. Da qui il consiglio a stare attenti a cosa si scrive sui social network, alle email trabocchet­to, al materiale portato a casa, a certe leggerezze nei comportame­nti, all’uso disinvolto delle chiavette Usb. Molte delle scorrerie recenti, con milioni di individui finiti nel mirino dei truffatori, sono iniziate con un innocuo messaggio di posta elettronic­a che chiedeva di cliccare su un link. Chi lo ha fatto ha aperto una breccia nel sistema interno permettend­o ai ladri cibernetic­i di fare un grande bottino.

Colpi minori rispetto a quelli studiati da organismi

La strategia

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