La vicenda
Saeco nasce nel 1981 a Gaggio Montano, nell’Appennino Emiliano, una cinquantina di chilometri da Bologna
L’impianto produce macchine domestiche per il caffè. Per primo al mondo, nel 1985, ha progettato il «beanto-cup», un sistema interamente automatico per la preparazione dell’espresso italiano
Nel 2009 la Philips è subentrata a un fondo francese di private equity. Gli olandesi, dopo anni di produzione a singhiozzo, con tanta cassa integrazione, hanno deciso di lasciare in Emilia i comparti «ideazione» e «commerciale» e di portare il montaggio in Romania
La vertenza con i dipendenti, che sono contrari al «trasloco», va avanti da fine novembre. Alla vicenda ha fatto un breve cenno anche il premier Matteo Renzi durante la conferenza stampa del 29 dicembre
Dopo la Befana dovrebbe almeno cominciare una vera trattativa
Nonostante il rischio neve anche stanotte gli operai della Saeco di Gaggio Montano, grazie alla roulotte prestata dalla Protezione Civile, hanno tenuto fermo il presidio h24 della fabbrica contro i 250 licenziamenti decisi dai proprietari olandesi della Philips. La vertenza è iniziata a fine novembre e continua ad avere un impatto molto forte sul clima politico-sindacale di Bologna, distante solo 50 chilometri. Si sono inerpicati fino all’Appennino sia il sindaco Virginio Merola sia il neo-arcivescovo Matteo Maria Zuppi e il presidente della Regione Stefano Bonaccini ha trascorso nello stabilimento l’ultimo dell’anno. E nella conferenza stampa del 29 dicembre anche Matteo Renzi ha fatto un velocissimo accenno al caso. L’impianto della Saeco di Gaggio fa macchine domestiche per il caffè, dà lavoro da sempre a 550 dipendenti e la Philips è subentrata dal 2009 a un fondo francese di private equity. Gli olandesi dopo anni di produzione a singhiozzo, con tanta cassa integrazione, sono giunti alla conclusione che è meglio lasciare in Emilia ideazione e commerciale e portare il montaggio in Romania.
Nel settore degli elettrodomestici quella della Saeco non è la prima vertenza dura degli ultimi anni, basta ricordare i casi Electrolux e Whirlpool, a confronto di lavatrici e frigoriferi però l’assemblaggio delle macchine del caffè è una lavorazione a minor valore aggiunto e pertanto la differenza del costo del lavoro pesa ancora di più. Ma i licenziamenti della Saeco nella stagione della ripresa e del Pil che dovrebbe cominciare a correre ci raccontano il lato amaro di questa stagione dell’industria italiana. La ripartenza, quando si sarà manifestata anche più robusta di come appare oggi, non sarà una sanatoria, non impedirà un’ulteriore scrematura dell’apparato industriale italiano con quello che ne consegue in esuberi, chiusure e vertenze. Non è entusiasmante sottolinearlo, ma tra tante imprese-lepri che sfondano nell’export ce ne sono altrettante — e forse di più — che non hanno saputo reagire ai mutamenti dei mercati. E un giorno o l’altro dovranno saldare il conto con le loro inefficienze e le loro pigrizie.
La delocalizzazione
La Philips vuole spostare il montaggio in Romania e tenere il commerciale in Emilia