Lungotevere chiuso Roma sconfitta anche dagli storni
L’interruzione È durato 9 ore il blocco di un tratto della strada. È stata la terza volta in pochi giorni
In una città come Roma, inaspettatamente diventata negli ultimi anni uno spettacolare set cinematografico, sarebbe lo scenario più adatto per girare un remake del famoso thriller di Alfred Hitchcock, Gli uccelli. Con qualche variazione nella trama connessa al differente rapporto fra uomo e volatili. Per la terza volta nel giro di pochi giorni ieri si è dovuto chiudere al traffico un tratto del Lungotevere per l’enorme quantità di guano sul manto stradale di cui hanno fatto le spese motociclisti e auto coinvolte in una serie di tamponamenti a catena: complice in questo caso la pioggia, che non era inattesa. Il blocco è durato 9 (nove) ore. A fine giornata i vigili urbani ci hanno fatto sapere ufficialmente, con comprensibile sollevazione, che non si sono registrati «feriti gravi». Evviva.
Ma è un classico. L’arrivo di migliaia di storni, attirati dalla temperatura mite e da 400 mila alberi (e meno male che ci sono), non può essere considerata certo una sorpresa. Ormai è un appuntamento invernale irrinunciabile: va avanti così da anni e anni. Per evitare l’invasione, o semplicemente far sloggiare i volatili, si è tentata ogni strada, come quella degli avvisatori acustici. Nessuna veramente efficace, e forse ci sta. In subordine, però, si potrebbero evitare gli incidenti semplicemente pulendo le strade. Invece le squadre dell’Ama, l’azienda municipale che ha quasi 8 mila dipendenti e dovrebbe assolvere proprio a questo compito, entrano in azione soltanto in seguito. Com’è avvenuto ieri, quando uno squadrone di spazzini si è improvvisamente materializzato dopo i tamponamenti.
E se oggettivamente non si può presentare il conto intero di questi disagi, ancora più inaccettabili considerando il periodo festivo, il Giubileo e la presenza di migliaia di turisti, a un commissario prefettizio che viene da Milano (dove di storni non se ne vedono così tanti), è impossibile non chiamare in causa un’amministrazione che si dimostra a ogni occasione incapace di governare Roma. Che, va ricordato, non è una città qualunque, ma la capitale del Paese.
Il fatto è che si è dimissionato un sindaco come Ignazio Marino considerato da molti anche nel suo partito inadeguato a ricoprire quel ruolo, immaginando forse che così si sarebbero risolti i problemi, ma Roma continua a vivere pericolosamente alla giornata. Vive alla giornata con l’emergenza smog, affrontandola attraverso provvedimenti estemporanei e scarsamente efficaci per ridurre il livello di polveri sottili: per colpa degli scarsi controlli, ma pure delle deroghe numerosissime ai divieti di circolazione, che vanificano le targhe alterne, e di un parco mezzi pubblici obsoleto e altamente inquinante. Vive alla giornata con i trasporti allo sbando, fra decisioni dalla logica del tutto incomprensibile come la chiusura delle metropolitana a Natale e l’incapacità di gestire perfino il biglietto integrato unico della durata di 24 ore. Vive alla giornata nel perenne inseguimento di rimedi in zona Cesarini, mettendo toppe che si rivelano spesso peggiori del buco. L’ultima, davvero clamorosa per gli effetti che potrà avere, è del 31 dicembre. Il giorno di San Silvestro il commissario ha prorogato per ben due anni il contratto con le Assicurazioni di Roma, annullando di fatto le conseguenze della delibera adottata a marzo dal consiglio comunale che aveva decretato lo scioglimento di quella compagnia: l’unica sul pianeta Terra di proprietà di un Comune. La motivazione è intuibile. Perché senza un prolungamento in extremis di quel contratto, dal primo gennaio tutti i mezzi di trasporto del Campidoglio, dagli autobus dell’Atac, ai treni della metropolitana, ai camion dell’Ama, non avrebbero avuto copertura assicurativa con intuibili conseguenze.
Anche se la durata biennale della proroga, che per giunta è accompagnata da un’opzione contrattuale di altri tre anni (!), non soltanto sovverte una decisione presa da un organismo eletto dai cittadini consentendo la sopravvivenza di una società pubblica che dovrebbe essere liquidata, ma dribbla anche l’obbligo di fare una gara per acquistare servizi commerciali quali sono le polizze assicurative. Esattamente come hanno sempre fatto tutte le amministrazioni del Campidoglio, di qualunque colore politico fossero. Succedeva con le giunte di sinistra di Francesco Rutelli e Walter Veltroni, come pure con le amministrazioni precedenti democristiane e socialiste, è successo con la giunta di destra di Gianni Alemanno.
Questo episodio apparentemente marginale dà comunque l’idea dello stato in cui versa la città di Roma. Dove tutto sembra cambiare, ma soltanto perché ogni cosa rimanga al proprio posto. E di come qui il confine fra l’ordinaria amministrazione, alla quale dovrebbe essere strettamente limitata l’azione di un commissario, e gli interventi straordinari, sia sempre più labile.