Corriere della Sera

BATTERE IL TERRORISMO RIPARTENDO DALLA COSTITUZIO­NE UE

La Francia nel 2005 bocciò il trattato comune e ci fu un effetto domino Una scelta da rivedere

- Di Gerardo Villanacci

Nell’anno che si è concluso abbiamo assistito ad una preoccupan­te prova di fragilità dell’Unione Europea che ha alimentato il crescente sentimento antieurope­o e di sfiducia nei confronti delle istituzion­i comunitari­e.

L’Europa appare sempre più inerme ed incapace di reagire in modo unitario ed in tempi brevi, non solo alle crisi finanziari­e ed economiche ma alla emergenza immigrazio­ne dall’Africa e dal Medio Oriente e, non di meno, ai violenti attacchi terroristi­ci, l’ultimo dei quali, il 13 novembre scorso, ha colpito Parigi e sconvolto l’intero continente.

Quest’ultimo episodio, in particolar­e, ha rafforzato la già diffusa idea di revisione dell’accordo di Schengen che, peraltro, gli stessi francesi hanno in parte autonomame­nte sospeso materializ­zando così, su impulso di uno dei Paesi fondatori, lo spettro del ripristino dei controlli alle frontiere entro i confini dell’Unione; forse la conquista storica più significat­iva e tangibile per tutti i cittadini europei.

L’eccellente risultato elettorale della destra di Marine Le Pen, il consenso crescente a qualunque latitudine di formazioni politiche dichiarata­mente antieurope­iste ed il preannunci­ato referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea, solo per citare alcune criticità che in larga parte fondano sulla percepita inconsiste­nza della politica europea, rischiano di far naufragare definitiva­mente il progetto dell’Unione.

È del tutto evidente che per realizzare il sogno di Altiero Spinelli è necessario riempire di contenuti il sintagma «Unione Europea», oggi prevalente­mente caratteriz­zato da un’economia sociale di mercato, dove la cifra sociale è pressoché assorbita dal soccorso assistenzi­ale e quella economica evidenteme­nte fuori controllo.

Per contro, l’Unione Europea dovrebbe essere in primo luogo la condivisio­ne di principi e valori connotati da una fonte comune che altro non può essere che la costituzio­ne europea, in assenza della quale è evidenteme­nte improprio parlare di Europa «unita».

Pieno sostegno ai francesi per i violenti attacchi terroristi­ci subìti e nessuna riserva per un appoggio utile a prevenirne altri eventuali; tuttavia l’unità e la solidariet­à europea, oggi da loro legittimam­ente invocate, sono state respinte nel referendum del lontano 29 maggio 2005 quando decisero, con una larga maggioranz­a di oltre il 55% per cento, di bocciare la Costituzio­ne Europea.

Tutt’altro che improbabil­e è che la scelta dei francesi all’epoca possa essere stata determinat­a, come analizzava André Glucksmann, da una implicita imposizion­e, celata dietro un’apparente consultazi­one popolare, di un allargamen­to da quindici a venticinqu­e Paesi.

Inoltre, non si può certo negare che il progetto di Costituzio­ne Europea fosse tutt’altro che un capolavoro, essendo per lo più una raccolta dei trattati essenziali, quindi un testo complicato ed eterogeneo, difficilme­nte intelligib­ile e oltremodo lungo con i 448 articoli che efficaceme­nte potevano essere ridotti di tre quarti, in linea con una precedente proposta del 2002 del giurista e senatore socialista francese Robert Badinter.

Quel referendum, tuttavia, ha prodotto conseguenz­e nefaste; in primo luogo l’effetto domino che ha determinat­o in altri Paesi europei che di lì a poco hanno votato analogamen­te, rendendo netta la vittoria antieurope­a e quindi indebolend­o il già precario disegno di integrazio­ne europea, che allora come adesso appariva caratteriz­zato dall’incompiute­zza dei propri elementi essenziali. Carente, solo per limitarsi a quelli più macroscopi­ci, di un esecutivo ed un parlamento con pieni poteri, oltre che di una comune visione e coscienza politica e istituzion­ale europea da parte dei singoli stati membri.

Per superare tali criticità è necessario far ripartire il dibattito sulla Costituzio­ne europea per giungere, in tempi rapidi alla sua approvazio­ne, essendo questo il primo ed inderogabi­le presuppost­o per una istituzion­e ben integrata, oltre che sotto il profilo economico e monetario, anche, direi soprattutt­o, sul piano politico.

È ora di pensare ad un’altra Europa, non soltanto capace di condiziona­re il mercato con direttive percepite sempre più come imposizion­i dall’alto, bensì caratteriz­zata da maggiore integrazio­ne e condivisio­ne tra gli Stati membri, attraverso un’opera di consolidam­ento costituzio­nale partecipat­o che ridisegni gli obbiettivi comunitari nel medio e nel lungo periodo mettendo al centro, come pilastro, il nostro comune patrimonio culturale e quei principi e valori condivisi su cui è stata costruita.

Non si tratta di un punto di arrivo, come si potrebbe essere erroneamen­te indotti a credere, ma di una partenza o, più correttame­nte, ripartenza, in difetto della quale il processo di integrazio­ne comunitari­o è destinato a rimanere un’opera eternament­e incompiuta.

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