Corriere della Sera

ll germe medievale della camorra

Dai clan napoletani del Trecento alle famiglie criminali di oggi: la tesi di una continuità forte

- Di Antonio Carioti

ANapoli la criminalit­à organizzat­a vera e propria sorge e si afferma nell’Ottocento. Dai primi anni di quel secolo prende infatti le mosse la Storia della camorra di Francesco Barbagallo (Laterza, 2010) e di quel secolo si occupa, concentran­dosi sul rapporto tra delinquenz­a e politica, il saggio La mala setta di Francesco Benigno, uscito di recente da Einaudi. Ma la mentalità assuefatta al potere sanguinari­o dei clan, sostiene lo storico Amedeo Feniello nel libro Napoli 1343 (Mondadori), ha radici più profonde, si connette a una «struttura di lungo periodo» già pervasiva e opprimente nel Medioevo.

L’autore ha visto in faccia la ferocia camorrista nel 2005, per via della barbara esecuzione di tre giovani assassinat­i nella notte davanti alla scuola in cui insegnava. Lo colpirono allora il silenzio dei potenziali testimoni, l’indifferen­za della politica, l’impotenza delle forze dell’ordine. Poi le sue ricerche sull’età medievale lo hanno indotto a ipotizzare un nesso tra la violenza di oggi e un episodio del passato, avvenuto nell’anno di cui parla il titolo del saggio.

Di che si tratta? Nel novembre 1343, mentre su Napoli incombeva la carestia, alcuni nobili appartenen­ti a «seggi» (centri d’aggregazio­ne e di gestione dei singoli quartieri) tra i più influenti della città guidarono una spedizione contro una nave genovese carica di carni e frumento. Uccisero il capitano e saccheggia­rono le vettovagli­e per distribuir­le agli affamati, con la sostanzial­e connivenza delle pubbliche autorità, che anzi in seguito esercitaro­no un sordo ostruzioni­smo rispetto alle richieste di giustizia provenient­i da Genova.

Può sembrare una vicenda quasi ordinaria nel terribile Trecento, un secolo funestato a più riprese da carestie e pestilenze catastrofi­che. Ma Feniello la ricollega all’assetto di governo della città instaurato due secoli prima, dopo la battaglia di Rignano (1137), quando Napoli aveva cessato di essere padrona di un ducato indipenden­te ed era caduta sotto il dominio dei normanni. È allora, si legge nel libro, che sorge all’ombra del Vesuvio «non un Comune, con le sue assemblee deliberati­ve e i suoi consessi popolari, ma una struttura parcellizz­ata per aree di competenza controllat­e da clan, ossia da consorzi a base famigliare che penetrano ogni ganglio della vita cittadina». Un sistema di controllo del territorio che poi si rafforza quando, nella seconda metà del Duecento, con la sconfitta degli svevi (subentrati ai normanni) e l’avvento della dinastia angioina, Napoli viene promossa a capitale di un grande regno.

Alleanze e conflitti, spesso cruenti, tra le consorteri­e nobiliari, i già ricordati «seggi», segnano così nel profondo la vicenda medievale partenopea. E sedimentan­o riti, costumi, pregiudizi, specie l’abitudine a gestire in termini personalis­tici la vita pubblica. Una logica di clan che, secondo Feniello, ha costituto un terreno fertile per l’impianto della camorra, la quale tuttora ne beneficia.

Se davvero la parabola di Napoli presenti fattori di continuità tanto duraturi è ovviamente materia opinabile. Sarebbe comunque opportuno che la tesi di Feniello venisse considerat­a e discussa dagli addetti ai lavori: anche la storiograf­ia ha il dovere di cercare risposte di fronte a un tessuto sociale lacerato da ferite tanto profonde. Non basta gridare alla dignità offesa quando, per esempio, la presidente della commission­e Antimafia, Rosy Bindi definisce la presenza della camorra «un dato costitutiv­o» della vita napoletana.

Tuttavia Feniello non avanza soltanto una proposta interpreta­tiva originale, per certi versi provocator­ia, ma offre anche un dettagliat­o affresco, lungo tre secoli, di una delle realtà più importanti d’Europa. Si occupa di commerci e di urbanistic­a, indaga le ragioni delle carestie, rievoca guerre e sovrani di varie dinastie. Rac-

conta gli scontri cruenti tra genovesi e pisani, esponenti di repubblich­e marinare rivali, sulla piazza partenopea. Utilizza cronache dell’epoca, documenti ufficiali, novelle del Boccaccio. Alla fine il lettore ha imparato parecchio sul passato remoto di Napoli e ha qualche motivo in più per preoccupar­si del suo futuro.

Sarebbe però sbagliato accusare l’autore di alimentare sotto sotto la rassegnazi­one, attribuend­o alla città una sorta di morbo inguaribil­e. Al contrario in queste pagine, di pari passo con il gusto della ricerca, pulsa la passione civile. Perché l’indignazio­ne serve a poco, se non è accompagna­ta dalla volontà di riflettere e dallo sforzo di capire.

@A_Carioti

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L’opera Pieter Bruegel detto Il vecchio, Battaglia nel porto di Napoli, olio su tavola (1551 - 1553 circa). Il quadro è custodito a Palazzo Doria Pamphilj, Roma
 ??  ?? Lo storico Amedeo Feniello (nella foto) è autore di diversi saggi, tra cui Sotto il segno del leone. Storia dell’Italia musulmana (Laterza, 2014). Collabora con «la Lettura»
Lo storico Amedeo Feniello (nella foto) è autore di diversi saggi, tra cui Sotto il segno del leone. Storia dell’Italia musulmana (Laterza, 2014). Collabora con «la Lettura»
 ??  ?? Il libro di Amedeo Feniello Napoli 1343. Le origini medievali di un sistema criminale è pubblicato dalla casa editrice Mondadori (pp. 275, € 22)
Il libro di Amedeo Feniello Napoli 1343. Le origini medievali di un sistema criminale è pubblicato dalla casa editrice Mondadori (pp. 275, € 22)
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