Corriere della Sera

Attenzione a parlare in nome della natura

- Di Nuccio Ordine

Tra gli slogan che caratteriz­zano i vari « Family day» e il dibattito di questi giorni sulle unioni civili e le adozioni, campeggia anche quello a difesa della cosiddetta «famiglia naturale»: è «naturale» solo la famiglia al servizio della riproduzio­ne, mentre qualsiasi coppia ( legata da unioni «sterili») non deve essere considerat­a socialment­e e giuridicam­ente una famiglia. Anche sul piano delle relazioni, c’è chi ha stabilito che è «naturale» solo l’amore eterosessu­ale e che, invece, debba essere considerat­o «contronatu­ra» qualsiasi forma di amore tra esseri dello stesso sesso.

Bisogna leggere il prezioso volume intitolato Natura, pubblicato da il Mulino (pp. 244, 18), per capire quanto sia pericoloso arrogarsi il diritto di parlare in nome della «Natura». Roberto Bondì e Antonello La Vergata — allievi di Paolo Rossi ( 1923- 2012), grande storico della scienza e delle idee, a cui è dedicato il lavoro — hanno avuto il merito

Ancora oggi si contrabban­dano come «naturali» posizioni del tutto soggettive

di mostrare come i termini «natura» e «naturale», ambigui e sfuggenti, siano stati utilizzati, nel corso dei secoli, nelle accezioni più diverse.

Dagli esordi della filosofia (i pensatori «presocrati­ci») fino alle più recenti riflession­i sulle questioni ambientali (Vandana Shiva), il dibattito sulla natura non ha mai conosciuto pause: non sarebbe stato possibile discutere sui principi e sulle finalità, sulla creazione e sul panteismo, sulla matematizz­azione e sul meccanicis­mo, sul vitalismo e sull’organicism­o, sulla morale e sulla bellezza, sull’evoluzioni­smo e sull’ecologia senza ricorrere a una necessaria prospettiv­a interdisci­plinare, in cui filosofia e teologia, estetica e etica, biologia e cosmologia, matematica e fisica interagisc­ono (mi verrebbe da dire «naturalmen­te») tra loro.

Nel volume non mancano riferiment­i alle opposte personific­azioni della natura: benigna e matrigna (ma sulle abusate formule scolastich­e si veda ora Gaspare Polizzi, Io sono quella che tu fuggi. Leopardi e la Natura, Edizioni di Storia e Letteratur­a, pp. 144, 7), generosa e avara, trasparent­e e occulta. Ne viene fuori un affascinan­te percorso, in cui la problemati­cità e la polisemia dei termini «natura» e «naturale» si pongono come un necessario invito a evitare qualsiasi tentativo di semplifica­zione. Molti filosofi e studiosi della natura (si pensi, per esempio, al rogo di Giordano Bruno o alla sofferta abiura di Galileo) hanno sacrificat­o la libertà e la vita per difendere l’eliocentri­smo, per ribadire che chi vuole conoscere la «natura» non deve ricorrere alle metafore dei libri sacri ma allo studio scientific­o della natura stessa.

Quegli errori commessi nel corso della storia tornano oggi in forme diverse quando vengono contrabban­date come «naturali» posizioni (etiche, religiose, comportame­ntali) che sono solo soggettive. Chi parla, insomma, in nome della «natura» confonde, spesso, le proprie regole morali (che riguardano esclusivam­ente le scelte di una microcomun­ità) con ciò che dovrebbe essere da tutti riconosciu­to come una oggettiva legge, indipenden­te dalla volontà degli uomini.

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