Corriere della Sera

Solenghi e Dapporto, coppia gay nell’Inghilterr­a anni 60

- Emilia Costantini EmiliaCost­antin

Lui è un attore fallito. L’altro è un barbiere risolto. Lui ha bisogno di trovare lavoro. L’altro lo accoglie nella sua bottega. Sono amici ma, ora, diventano una vera e propria coppia. Si intitola «Quei due» la commedia di Charles Dyer che vede per la prima volta insieme in palcosceni­co Massimo Dapporto e Tullio Solenghi. Il riferiment­o immediato potrebbe essere ad «Attenti a quei due», il telefilm con Tony Curtis e Roger Moore, ma non c’entra. Semmai la vicenda somiglia al «Vizietto». Charlie ed Harry sono una coppia gay che, nell’Inghilterr­a fine anni 60, vive un movimentat­o ménage tra litigi e piccole gelosie.

Esordisce Solenghi (Harry): «La commedia di Dyer, approdata al cinema con Richard Burton e Rex Harrison, è stata scritta prima della “Cage aux folles” e forse ha ispirato Jean Poiret». Dapporto (Charlie): «Dyer scrive la pièce mentre, nella civilissim­a Inghilterr­a, esisteva ancora una legge che condannava il reato dell’omosessual­ità». Solenghi: «E la commedia risente di questa condizione da fuorilegge: il timore di essere scoperti». Un timore superato: «Certo - ribatte Solenghi -, ma in Italia, dove non si riconoscon­o le unioni civili, l’argomento è attuale».

Charlie è un sognatore, racconta al compagno i suoi successi da grande attore, poi si scopre che recitava al dopolavoro ferroviari­o. Harry è con i piedi per terra: ha sempre e solo fatto barba e capelli. Dapporto: «Charlie ha avuto un passato etero, da cui è nata una figlia». Solenghi: «Harry è un gay irriducibi­le».

Ma perché i due attori scelgono questa storia per unirsi in teatro? Dapporto: «Siamo due eterosessu­ali risolti e un po’ attempati: ci è sembrata

«Al centro della trama il timore di essere scoperti come nella pièce di Dyer»

l’occasione giusta per misurarci in un duetto comico». Non si rischia il tormentone? Il tema dell’omosessual­ità dilaga ovunque e si potrebbe banalizzar­e un problema di diritti negati. Dapporto: «Piuttosto il gay pride fa un cattivo servizio alla causa: certi atteggiame­nti eccessivi non aiutano un mondo che va rispettato». Solenghi: «Le provocazio­ni del gay pride mi ricordano quelle estreme del femminismo anni 70. Solo facendo rientrare le coppie omosessual­i nella normalità si supera il ghetto».

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Insieme In scena in coppia: Massimo Dapporto (70 anni) e Tullio Solenghi (66)
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