INTERVENTI E REPLICHE
Università: il divario che non c’era
Da dati incontrovertibili, provenienti da organismi indipendenti e di ricerca, quali Banca d’Italia, Istat, Eurostat, Svimez, di recente ripresi anche da Bloomberg, emerge un’Italia profondamente spaccata in due, in cui non solo il «gap» non è stato ridotto, ma la forbice del divario si è progressivamente ampliata negli ultimi lustri. L’effetto è la mancata garanzia nel nucleo essenziale di diritti di eguale cittadinanza a tutti gli Italiani ovunque residenti. Le università rappresentano un osservatorio particolarmente significativo al riguardo, anche perché nel passato non è esistito un divario territoriale di tipo culturale, in tale ambito, esistendo università eccellenti al Sud, testimoniate anche dalla qualità dei suoi laureati. Le scelte politiche adottate negli ultimi anni pongono invece un nuovo, esiziale punto di frattura con un rilevato, assai pericoloso effetto di Robin-Hood alla rovescia nel sistema
universitario italiano. La riduzione della spesa pubblica, i meccanismi legati ai cd, «punti-organico» per le assunzioni, certi criteri «miopi» di distribuzione delle risorse, quanto avvenuto con le borse di studio costituiscono fattori che hanno portato a un generale impoverimento delle università meridionali, al calo del numero di migliaia di matricole (nonostante che al Sud vi sono in percentuale meno laureati che in Turchia) e di centinaia di unità di personale docente (che si traduce in riduzione della qualità e quantità di offerta formativa) con aumento invece in quelle del Nord. La lesione del diritto allo studio degli studenti «capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi», come recita la nostra Costituzione, è ancora più evidente se si tiene conto, come evidenziato da Banca d’Italia di recente, che il maggiore ricorso alla leva fiscale da parte degli enti locali ha aumentato l’incidenza della fiscalità locale sul bilancio delle famiglie soprattutto meridionali, ancor più in difficoltà a sostenere con la crisi gli studi dei propri figli. Sono temi che toccano le fondamenta del nostro Stato composto e lo stesso modello di regionalismo da perseguire già profondamente rivisto rispetto all’originaria impostazione. Basti pensare che nella riforma costituzionale del 2001 fu incautamente espunto dalla Costituzione il riferimento al Mezzogiorno, che invece i Costituenti intesero porre come tema nazionale. Proprio da questa perduta certezza occorre ripartire a riequilibrare anche i nuovi squilibri, che prima non c’erano.
Andrea Patroni Griffi, docente di Diritto pubblico Seconda Università di Napoli
Vantaggi del telelavoro
Il telelavoro ( Corriere, 31 e 27 dicembre) riduce la produzione di Pm 10, ma non debella da solo lo smog. Il vantaggio del telelavoro consiste in un grande risparmio di tempo, di fatica e di denaro per i lavoratori. Comunque risparmia pure il datore di lavoro: basta che definisca, con chiarezza e completezza, i compiti dei lavoratori. La qualità del prodotto migliorerà perché ciascun lavoratore sarà retribuito in base alla quantità del suo lavoro.
Fausto Zukunft, Milano