Non si placa la rabbia dell’Iran «Sui sauditi la vendetta divina»
All’indomani dell’assalto all’ambasciata, secondo intervento della Guida suprema Ali Khamenei L’Arabia rompe le relazioni diplomatiche, evacua il suo personale ed espelle quello di Teheran
Battaglia di parole e rottura diplomatica in attesa di una possibile guerra segreta tra Iran e Arabia Saudita. Scenario possibile, con l’entrata in scena di forze clandestine, di gruppi estremisti, di militanti. Dopo l’assalto notturno all’ambasciata saudita a Teheran, il governo di Riad ha annunciato la fine dei rapporti con l’Iran, ha ordinato ai funzionari iraniani di lasciare il paese entro 48 ore ed ha rimpatriato, via Dubai, il proprio personale. Mossa condita dalle accuse di terrorismo rivolte ai mullah: «Non permetteremo che la nostra sicurezza sia minata». È chiaro che nessuno è disposto a cedere.
La notizia è l’epilogo di una giornata intrisa di minacce. L’ayatollah Ali Khamenei, la Guida suprema, ha invocato la «vendetta divina», «la mano di Dio che prenderà per il collo i politici» sauditi paragonati allo Stato Islamico. Il comando dell’esercito iraniano, di solito lontano dai pronunciamenti pubblici, ha promesso «una risposta adeguata al crimine». Identico il segnale dei pasdaran pronti alla rappresaglia. Hassan Nasrallah, leader dell’Hezbollah libanese, ha denunciato il «messaggio di sangue, un evento che non può essere preso alla leggera». Insulti seguiti da dimostrazioni a Mashhad, scontri e cortei nel Bahrein, piccolo stato dove la maggioranza sciita si ribella al regime appoggiato dall’Arabia.
Tutti segnali di come la crisi si propaghi all’intera regione. Anche se non mancano i tentativi di frenare. Il presidente iraniano Rouhani ha definito inaccettabile il saccheggio
della sede diplomatica saudita ed ha ordinato alla polizia di punire i responsabili. Una cinquantina gli arresti.
Appelli alla cautela anche dagli Usa. «Vorremmo vedere passi per ridurre il settarismo da parte dell’Arabia e di altri paesi», ha auspicato il consigliere di Obama, Ben Rhodes. A Washington sono preoccupati. Devono contenere l’Isis, salvaguardare le relazioni con la petro-monarchia e tutelare dell’intesa con i mullah sul nucleare. Tre cose che diventano difficili se alcuni dei protagonisti si prendono a schiaffi.
Un’ostilità che si alimenta con le polemiche ma anche con gli episodi. Teheran e Riad, prima ancora dell’ondata di sentenze capitali, si sono insultate per la gestione del pellegrinaggio alla Mecca. L’ultimo è stato funestato dalla morte di 2.400 fedeli, 450 provenienti dall’Iran, travolti dalla calca. Tragedia con uno strascico di accuse.
Il pericolo è che i due governi, se non si infileranno in uno scontro armato dove hanno solo da perdere, si affidino a gesti di fazioni amiche, sempre pronte per questo tipo di missioni. In Siria e Libano ci sono già, duellano da tempo, segmento della battaglia feroce tra sostenitori e oppositori di Hafez Assad. L’esecuzione dello sheikh al Nimr da parte di Riad aggiunge solo odio, offre pretesti. Magari vedremo presto delle brigate dedicate al «martire», nuclei che agiscono nel nome di una causa sovrannazionale dove troveranno un’opportunità. I sauditi in passato hanno agito a Beirut contro l’Hezbollah, gli estremisti sciiti hanno risposto. Il numero di mujaheddin che si muovono all’interno dei due schieramenti è ampio, si agitano personaggi con contatti che vanno oltre i confini dello scacchiere.
Esistono, purtroppo, le premesse per una lotta di servizi e per procura dove possono essere tanti a pagare. I contendenti cercheranno alleati, proveranno a creare situazioni difficili. Rispetto al conflitto convenzionale possono portare colpi senza assumersene una responsabilità diretta.
Ecco i razzi contro una rappresentanza ufficiale, un agguato non rivendicato, un’esplosione, un funzionario
Il presidente Ma Rouhani ha definito «inaccettabile» il saccheggio della sede diplomatica saudita Gli Stati Uniti «Vorremmo vedere passi per ridurre il settarismo da parte di Arabia e altri Paesi»
rapito. La presenza poi dell’Isis aumenta la confusione, permette di nascondersi dietro le iniziative del Califfo che si starà chiedendo cosa fare. Considera gli ayatollah allo stesso livello dei «crociati» e di recente ha esortato a rovesciare gli al Saud. E c’è anche Al Qaeda che vorrà rispondere all’uccisione del suo ideologo, finito sul patibolo insieme allo sciita.
Il risultato è un fronte dove talvolta sarà complicato stabilire chi sia stato. E ogni incidente avrà molte letture.