Arrivano i decreti sugli statali Il governo e il nodo competitività
Presto interventi anche sul sistema giustizia. Oggi il premier in Borsa per la Ferrari
Ci sono due cose che bloccano la produttività del Paese, lo dicono infine analisi interne e internazionali: una è il sistema, farraginoso e inefficiente, della pubblica amministrazione; l’altra è il funzionamento poco moderno, per usare un eufemismo, dell’amministrazione giudiziaria. Nel 2016 Matteo Renzi ha intenzione di riformare in modo profondo entrambe le cose. I primi decreti attuativi, 7 o 8, della delega sulla pubblica amministrazione dovrebbero arrivare in Consiglio dei ministri nei prossimi giorni. La riforma della governance dei magistrati, e dunque del Csm, è allo studio del ministero della Giustizia, ma verrà definita, dicono nella maggioranza e a Palazzo Chigi, «in ogni caso, con o senza il consenso delle toghe».
Oggi il premier, dopo alcuni giorni di vacanza con la famiglia, sarà in Borsa a Milano, celebrerà la quotazione azionaria del marchio Ferrari e difenderà quanto fatto finora dal governo. Certamente attribuirà una quota di merito anche all’esecutivo: se il mercato italiano ha avuto una performance annua migliore delle altre piazze europee — dirà — sarà anche grazie alle riforme approvate o annunciate dalla sua maggioranza. Ma poi guarderà al futuro, all’agenda di un nuovo anno non ancora compiutamente declinata, ma che si presenta ricca di contenuti.
«Fino a ora ci siamo occupati della cornice, delle riforme istituzionali imprescindibili, attese da anni, da quella elettorale a quella della Costituzione. D’ora in avanti l’obiettivo è cambiare il meccanismo di funzionamento dello Stato, per aumentare la competitività del Paese», è l’obiettivo che il capo del governo ha condiviso con i suoi collaboratori negli ultimi giorni. Un concetto che incrocia i dati che ha diffuso anche il ministero dello Sviluppo economico, cifre in chiaroscuro, che se da un lato dicono che in Italia la fiducia dei consumatori e delle imprese ha fatto balzi in avanti, dall’altro offrono ancora gap di natura strutturale, in termini di occupazione e competitività, con gli altri Paesi europei. Di sicuro nei prossimi giorni, entro la fine di gennaio, verrà alzato il velo sui decreti attuativi della delega sulla pubblica amministrazione. Nella conferenza stampa di fine anno il premier ha detto che a dicembre sono slittati per colpa del governo, non del ministro Marianna Madia. L’attesa generale è per i contenuti, per quelle norme che potrebbero cambiare in modo radicale il meccanismo di funzionamento della pubblica amministrazione: dovrebbero arrivare la tanto attesa stretta sulle partecipate pubbliche e sui servizi pubblici locali, con tanto di giro di vite sugli stipendi dei manager; il nuovo codice dell’amministrazione digitale, che cammina in parallelo con il cosidetto Polo unico, il restyling della conferenza dei servizi, con uno snellimento dei processi e la determinazione di tempi certi per tutti gli appalti pubblici, compreso il regolamento sulla semplificazione e sull’accelerazione delle pratiche burocratiche in caso di insediamenti produttivi, norma che guarda soprattutto agli inrapporto vestimenti esteri.
Un’altra norma dovrebbe riguardare il «Freedom of information act», che nelle intenzioni dell’esecutivo garantisce l’accesso libero ai dati in possesso della pubblica amministrazione, uno dei provvedimenti che dovrebbero contribuire a rendere più semplice il tra cittadini e pubblica amministrazione. È in dirittura d’arrivo anche il testo di riforma delle banche cooperative, già scritto, e che potrebbe approdare in Consiglio dei ministri prima della fine del mese. Poi ci saranno gli attesi provvedimenti su «ius soli», il diritto degli stranieri alla cittadinanza, e unioni civili, che nell’agenda comunicata da Renzi ai gruppi parlamentari del Pd vede un primo passaggio legislativo entro la fine di gennaio e un’approvazione definitiva non oltre giugno. Non fanno parte dell’agenda di governo in senso stretto, ma nelle prossime settimane sono attesi anche un rafforzamento della segreteria del Partito democratico, almeno nel settore dell’organizzazione, e la scelta dei profili per le caselle vuote del governo: due sottosegretari, il viceministro dello Sviluppo economico e quello degli Affari regionali.