Corriere della Sera

Berlusconi, stretta sul partito per le Comunali

Il leader vuole una relazione dettagliat­a dai venti coordinato­ri. Divide l’idea di rinunciare al simbolo di FI

- Paola Di Caro

Ha deciso di mettere da parte il crescente fastidio che le riflession­i politiche gli suscitano rifugiando­si per qualche giorno in Provenza, ospite della figlia Marina. Perché Silvio Berlusconi ormai a parlare di Forza Italia — le sue beghe interne, i bassi consensi, gli addii imminenti (si prevedono un altro paio di defezioni al Senato) — non solo non si diverte più, ma è preso dalla voglia di rivoluzion­are tutto.

Anche nei giorni scorsi, dopo un Capodanno passato con i famigliari, i più intimi dello staff e ben sei cani, chi gli ha parlato ha raccolto la sua «grande voglia di cambiare». Cambiare le facce di un partito che gli appare consunto, i meccanismi di comunicazi­one e perfino il partito stesso, se è vero che nei colloqui un po’ a ruota libera ha confessato la tentazione di non presentare il simbolo di partito alle amministra­tive ma di mettere in pista liste civiche legate ai candidati. Pena siero quest’ultimo che, ricordano big storici come Gasparri, « Berlusconi ha dal ‘ 94 » , da sempre insomma, consapevol­e che le amministra­tive sono terreno minato e in questo momento ancor di più, visto che i sondaggi accreditan­o FI tra il 9 e il 13%.

Il problema però è che ai propositi di palingenes­i è difficile far seguire i fatti. Berlusconi vorrebbe cambiare il partito, partire dai coordinato­ri (ha richiesto al deputato Sestino Giacomoni di sollecitar­e una accurata relazione da parte di ognuno dei 20 su realizzazi­oni e propositi futuri con indicazion­e di «sindaci di riferiment­o» da lanciare in pista), gli piacerebbe che «si votasse» per le varie cariche, ma tutto si infrange quando si tratta di mettere nero su bianco regole e modifiche statutarie, e non appena capisce che se si tocca un mattone, a effetto domino rischia di crollare la casa.

Anche sui capigruppo è stata forte la tentazione di rimuovere Brunetta e Romani (con la Carfagna o Occhiuto alla Camera e Mandelli o Galan al Senato), ma il caos che gli hanno paventato in caso di azioni di forza lo ha fermato: «In fondo — ha detto — Brunetta ha un caratterac­cio ma è bravo...». Sulle amministra­tive poi l’idea di rinunciare al simbolo già spacca il partito. Non c’è nulla di ufficiale nemmeno sui candidati (a Milano resiste Sallusti ma si spera ancora in Del Debbio, a Roma la Meloni andrebbe bene a tutti ma lei nicchia), ma è già partito il fuoco di sbarrament­o, nella consapevol­ezza che se si rinuncia al simbolo si manda il messaggio di un partito in liquidazio­ne.

«È un’ipotesi che non esiste», scandisce Brunetta, parole che peraltro anche i fedelissim­i dell’ex premier confermano: «Non c’è nulla allo stato». «Faremo come in passato: nei Comuni più piccoli potremmo ricorrere alle civiche per allargare il consenso, ma nelle grandi città il nostro simbolo ci sarà come sempre», dice Toti, e Gasparri è altrettant­o sicuro. Semmai, mettono in guardia in FI, il problema sarà quello di evitare che i candidati sindaci si facciano liste personali. Se Berlusconi vuole andare avanti, insomma, troverà molti ostacoli sulla sua strada.

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