Berlusconi, stretta sul partito per le Comunali
Il leader vuole una relazione dettagliata dai venti coordinatori. Divide l’idea di rinunciare al simbolo di FI
Ha deciso di mettere da parte il crescente fastidio che le riflessioni politiche gli suscitano rifugiandosi per qualche giorno in Provenza, ospite della figlia Marina. Perché Silvio Berlusconi ormai a parlare di Forza Italia — le sue beghe interne, i bassi consensi, gli addii imminenti (si prevedono un altro paio di defezioni al Senato) — non solo non si diverte più, ma è preso dalla voglia di rivoluzionare tutto.
Anche nei giorni scorsi, dopo un Capodanno passato con i famigliari, i più intimi dello staff e ben sei cani, chi gli ha parlato ha raccolto la sua «grande voglia di cambiare». Cambiare le facce di un partito che gli appare consunto, i meccanismi di comunicazione e perfino il partito stesso, se è vero che nei colloqui un po’ a ruota libera ha confessato la tentazione di non presentare il simbolo di partito alle amministrative ma di mettere in pista liste civiche legate ai candidati. Pena siero quest’ultimo che, ricordano big storici come Gasparri, « Berlusconi ha dal ‘ 94 » , da sempre insomma, consapevole che le amministrative sono terreno minato e in questo momento ancor di più, visto che i sondaggi accreditano FI tra il 9 e il 13%.
Il problema però è che ai propositi di palingenesi è difficile far seguire i fatti. Berlusconi vorrebbe cambiare il partito, partire dai coordinatori (ha richiesto al deputato Sestino Giacomoni di sollecitare una accurata relazione da parte di ognuno dei 20 su realizzazioni e propositi futuri con indicazione di «sindaci di riferimento» da lanciare in pista), gli piacerebbe che «si votasse» per le varie cariche, ma tutto si infrange quando si tratta di mettere nero su bianco regole e modifiche statutarie, e non appena capisce che se si tocca un mattone, a effetto domino rischia di crollare la casa.
Anche sui capigruppo è stata forte la tentazione di rimuovere Brunetta e Romani (con la Carfagna o Occhiuto alla Camera e Mandelli o Galan al Senato), ma il caos che gli hanno paventato in caso di azioni di forza lo ha fermato: «In fondo — ha detto — Brunetta ha un caratteraccio ma è bravo...». Sulle amministrative poi l’idea di rinunciare al simbolo già spacca il partito. Non c’è nulla di ufficiale nemmeno sui candidati (a Milano resiste Sallusti ma si spera ancora in Del Debbio, a Roma la Meloni andrebbe bene a tutti ma lei nicchia), ma è già partito il fuoco di sbarramento, nella consapevolezza che se si rinuncia al simbolo si manda il messaggio di un partito in liquidazione.
«È un’ipotesi che non esiste», scandisce Brunetta, parole che peraltro anche i fedelissimi dell’ex premier confermano: «Non c’è nulla allo stato». «Faremo come in passato: nei Comuni più piccoli potremmo ricorrere alle civiche per allargare il consenso, ma nelle grandi città il nostro simbolo ci sarà come sempre», dice Toti, e Gasparri è altrettanto sicuro. Semmai, mettono in guardia in FI, il problema sarà quello di evitare che i candidati sindaci si facciano liste personali. Se Berlusconi vuole andare avanti, insomma, troverà molti ostacoli sulla sua strada.