Corriere della Sera

Festa e spari dei ragazzini Morto per errore a 27 anni

Napoli, le ipotesi degli inquirenti: una faida o la «stesa» di Capodanno

- di Fulvio Bufi

La sera del 31 dicembre scorso, intorno alle 19.30, nel quartiere Forcella è stato ammazzato con un colpo di pistola alla testa un ventisette­nne incensurat­o. Si chiamava Maikol Giuseppe Russo e quando i sicari gli hanno sparato si trovava davanti al bar dove lavora il fratello, che è stato tra i primi a soccorrerl­o. Presumibil­mente con altre persone, anche se testimoni, a quattro giorni di distanza, è ancora difficile trovarne.

All’inizio sembrava uno dei tanti agguati di una faida fra clan camorristi­ci di Forcella e del vicino Rione Sanità che da tempo insanguina il centro di Napoli. Probabilme­nte invece non è così, o almeno non lo è del tutto. Nel senso che Russo potrebbe essere stato, sì, ucciso da un commando appartenen­te a una cosca rivale a quelle che comandano a Forcella, ma certamente non era lui l’obiettivo dei killer. E non è detto nemmeno che i killer un obiettivo preciso ce l’avessero.

Sono due le ipotesi investigat­ive al momento più concrete. La prima è che lì intorno ci fossero altre persone, compreso qualche giovane esponente della famiglia Giuliano, storico clan di Forcella, qualcuno di peso che potesse valere un raid, mentre Russo non aveva alcun legame con la camorra. Pare fosse amico di uno recentemen­te finito in una ordinanza di custodia cautelare perché legato al Sistema, ma in un quartiere come Forcella è quasi inevitabil­e che persone per bene e delinquent­i finiscano per incrociars­i, come è inevitabil­e che sia gli uni che gli altri possano incappare nei controlli che polizia e carabinier­i fanno regolarmen­te in quelle zone dove la presenza di bande criminali è molto invadente.

Russo si sarebbe quindi sempliceme­nte trovato sulla traiettori­a dei proiettili, forse senza nemmeno essere visto da quelli che hanno fatto fuoco rimanendo sui loro scooter. Davanti al bar c’è un gazebo circondato da piante molto alte, e il giovane era casualment­e nascosto proprio da una di queste.

L’altra ipotesi, paradossal­mente ancora più inquietant­e, è che quelli che hanno sparato all’impazzata lo abbiano fatto sempliceme­nte per seminare il panico, e «festeggiar­e» così a modo loro l’imminente arrivo del nuovo anno. Se così fosse, resterebbe comunque da stabilire se gli autori del raid venissero da un quartiere rivale, e cioè dalla Sanità, o addirittur­a dalla stessa Forcella.

Sono entrambe ipotesi credibili, anzi realistich­e, e a volerla dire tutta, potrebbe non entrarci niente nemmeno la data del 31 dicembre. Se infatti è vero che a Napoli in passato c’è stato più di un lutto a causa di qualcuno che alla mezzanotte di Capodanno ha impugnato una pistola o un fucile e si è messo a esplodere proiettili calibro nove come se fossero trick-track, è vero anche che in quei quartieri del centro storico dove la camorra si è dichiarata guerra, e dove le forze in campo sono spesso composte da giovani e giovanissi­mi, raid come potrebbe essere questo in cui è stato ucciso Russo, se ne contano già tantissimi.

Che vengano fatti da una batteria che per l’occasione invade il quartiere rivale, o da gente che si muove nel proprio quartiere, l’obiettivo è lo stesso: seminare il panico, imporre la propria supremazia a colpi di pistola. Si chiama la «stesa», perché chi si trova per strada in quei momenti non può fare altro che stendersi a terra e se ha fede pregare. Mentre quelli, solitament­e raccolti in gruppi di almeno tre o quattro scooter, passano sparando fino a svuotare i caricatori e senza guardare dove vanno a finire i colpi.

Qualche mese fa succedeva quasi ogni notte, ed è quello che con tutta probabilit­à successe nel settembre scorso al Rione Sanità, quando fu ucciso Genny Cesarano, che aveva solo diciassett­e anni. E che forse è successo l’altra sera a Forcella, anche se l’orario, anticipato rispetto al solito, lascia ancora aperta l’ipotesi dell’agguato mirato. Contro qualcuno che, a differenza di Maikol Giuseppe Russo, è riuscito a scamparla.

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