Corriere della Sera

Se Pompei rinuncia alla super stazione dei turisti

- di Marco Demarco @mdemarco55

Pompei, dove sei domus fresche di restauro sono state appena riaperte, dice no alla superstazi­one che dovrebbe proiettarl­a nella modernità del grande business turistico: una stazione già disegnata dalle Ferrovie dello Stato su incarico del governo, già trionfalme­nte annunciata nel settembre scorso dai ministri Delrio e Franceschi­ni, già finanziata, sulla carta, con circa 35 milioni di euro e a cui manca solo il progetto esecutivo. È stata immaginata lì dove si incrociano il tratto ferroviari­o nazionale RomaSalern­o e il tratto locale della Circumvesu­viana Napoli-Sorrento e prevede un ponte sospeso sulla città nuova che porterà i turisti (ora tre milioni all’anno, domani chissà) direttamen­te negli Scavi. L’attuale stazione delle Fs, ormai in disuso, dista più di due chilometri dalla città antica e quella della Circumvesu­viana, nota per essere la peggiore ferrovia italiana, molto più vicina agli ingressi, è però del tutto inadeguata. Ciò nonostante, il no del Comune, è secco. E sebbene già espresso, a quanto pare, a settembre all’interno della «buffer zone», prevista a Roma proprio per armonizzar­e le decisioni, ma sottaciuto per un generale imbarazzo, è emerso ufficialme­nte ieri con grande evidenza sulle pagine de Il Mattino. «La città nuova — dicono i consiglier­i di maggioranz­a — sarà del tutto tagliata fuori e milioni di turisti diventeran­no fantasmi che camminano sulla testa dell’economia locale». Il Comune è pronto alle barricate: non concederà mai la variante al piano regolatore e già si è messo di traverso nella conferenza di servizio. Decisione corporativ­a, difesa dei commercian­ti e dei bancarella­ri, rifiuto della dimensione planetaria del sito archeologi­co? «Mettetela come vi pare, ma io devo preoccupar­mi degli interessi comunali», conferma il sindaco Ferdinando Uliano, del Pd ma a capo di un’amministra­zione civica. «Sarebbe una grande occasione persa», commenta preoccupat­o il sovrintend­ente Massimo Osanna, passato di colpo dall’«esplosiva bellezza di Pompei», parole del premier, alle sgradite quisquilie di periferia. Pompei è dunque l’esatto opposto di Yatir, il piccolo villaggio immaginato da Abraham Yehoshua. Lì, «lungo crinali di monti battuti da venti turbinosi» la popolazion­e insorge perché non sopporta più che il rapido della serra passi senza fermarsi: vuole a tutti i costi un treno, sa bene che senza una stazione rischia di perdere l’appuntamen­to col futuro. Qui, viceversa, è proprio la stazione che il Comune contesta. Si ripete così lo scenario di Bagnoli o del Salento, con il sindaco de Magistris e il governator­e Emiliano contrari a decisioni calate dall’alto, vuoi per bonificare l’ex area Italsider, vuoi per le trivellazi­oni in mare alla ricerca di idrocarbur­i. E resta il tema di fondo: si può governare un paese in continuo conflitto con i territori? In Puglia, Renzi alla fine ha ceduto. A Bagnoli no e ha nominato un commissari­o. Pompei farà da ago della bilancia.

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